Recensioni La casa blu
Un breve, acuminato romanzo che è anche una riflessione sul suicidio assistito, la paternità e la fragilità/forza dell'adolescenza.
Un uomo senza nome decide di partire per la Svizzera e vedere come si muore in un centro per suicidi assistiti. All'interno di questo viaggio, nel dramma misterioso e oscuro di un cuore che sembra spacciato, s'inserisce il dialogo col figlio che l'accompagna. Un figlio giovane, il quale all'inizio non conosce tutti i propositi paterni; un figlio fragile eppure fortissimo: un figlio per cui quella vicinanza diventa un canto di resurrezione. Con uno stile secco e smagliante, acuminato quanto le esistenze che racconta, Massimiliano Governi stende il filo spinato della scrittura intorno a una storia delicata ma estrema, che non cerca mediazioni. Nel campo minato delle emozioni della "Casa blu", infatti, le parole esplodono solitarie e senza aiuto. Simili a cartucce disperate di un'arma automatica, con dialoghi che marciano magicamente fino alla fine, i pensieri possono essere foschi presagi ma pure rinascite, sono l'ambiguo sorriso finale di un ragazzo che, come Cassandra, intuisce nel suo cuore il futuro.)
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