Il tema della memoria è uno dei più diffusi in poesia, un po’ perché parlare del proprio passato ha l’indubbio vantaggio di non richiedere particolari doti di creatività, un po’ perché ci si illude che soprattutto gli anni più lontani della nostra esistenza, che corrispondono generalmente alla fanciullezza e alla pubertà, siano stati i migliori che ci potessero capitare. In quest’ottica credo debba essere vista questa raccolta poetica di Stefano Bianchi, capace di ricordare con il rimpianto malinconico di chi sa che certi eventi non si potranno replicare, che certe persone che abbiamo incontrato non sarà più possibile vedere di nuovo ( Che la vita è bella me l’hai insegnato tu, morendo.) Se rievocare rinforza il nostro desiderio di proseguire, pur tuttavia ha i suoi limiti nel senso di sconforto che si accompagna sempre al piacere di illudersi di rivivere determinate epoche. Bianchi mette nero su bianco le sue sensazioni, le sue emozioni rammentando e scrivendo di quando era bambino, parlando d’amore, del tempo che passa, spesso e volentieri con indovinate visioni della natura che non solo è palcoscenico dei suoi versi, ma ne è intima struttura, è il mezzo con cui meglio comunicare. E le parole, se opportunamente amalgamate, se intelligentemente scelte, hanno la capacità di trasmettere a chi le legge le stesse sensazioni e le stesse emozioni. Fra una citazione e l’altra di autori famosi il poeta nel ricordare si abbandona a riflessioni coinvolgenti, come quella sul tempo, così dolcemente scandito con una visione di un fenomeno della natura (Il tempo cade a fiocchi piccoli come la neve / che se lo lasci fare / stende una coltre spessa quanto l’oblio / sulle cose che crediamo importanti.), una poesia che ha tanto dell’aforisma quanto generale e perfettamente logico è il concetto esposto. Il mio giudizio forse è poca cosa, ma si sono sentito da subito in sintonia con l’autore, verso dopo verso ho ritrovato i miei “da quando non ci siete”.
Da quando non ci siete
"È un ricordo sbiadito dai giorni passati al lavoro / tu chinata tra fogli di stelle e di mille colori. / Ti ricordi il castello seduto sull'ultimo colle? / Ci piaceva guardarne nel buio quel baluginare / di luci in un'aria di fiaba inventata /soltanto per me. // Che se non l'ho mai detto, se non l'hai saputo ti è grata / questa mano di uomo che ancora si riempie / di minuscoli sassi a istruire una strada tra i muschi / raccolti in montagna nelle passeggiate / di un tempo impossibile tanto è lontano / che c'era la nonna. // È un ritratto mantato di bruma dal fiato del tempo / l'acqua del fiume ti scorre anche se tu lo resti a guardare. / Eppure che strano, apro la mano e ogni anno li trovo / quei tre pezzi di creta li stringo, li volgo alla stella cometa. / Che per tutte le male parole che sole t'ho saputo dare / m'hai riempito le mani e le tasche di pezzi d'amore." (Il presepe)
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Anno edizione:2021
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Renzo 06 gennaio 2025La memoria
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