Con uno stile ricercato e barocco Gesualdo Bufalino ci porta in un sanatorio, durante il dopoguerra, dove il ventenne protagonista vive una storia d'amore con un'altra malata, Marta. Libro vincitore del premio Campiello "Diceria dell'untore" sarà edito nel 1981 grazie a Leonardo Sciascia e riscuoterà subito ampio consenso di critica e di pubblico. Pagine di dolore, di fede, di speranza aleggiano nel racconto e il protagonista sarà l'unico a ricominciare, guarito, la vita di tutti i giorni, infrangendo il reciproco patto di non sopravviversi.
Diceria dell'untore
Iniziata in tempi remoti e riscritta più volte, Diceria dell'untore incontrò subito, quando fu data alle stampe nel 1981, un unanime consenso di critica e di pubblico, sanzionato dalla vittoria al Premio SuperCampiello nello stesso anno. Stupiva l'esordio tardivo e riluttante dell'autore, la sua distanza dai modelli correnti, la composita ragione narrativa tramata di estasi e pena, melodramma e ironia; non senza il contrappunto di una sotterranea inquietudine religiosa, come di chi si dibatte tra la fatalità e l'impossibilità della fede... Stupiva, l'oltranza lirica della scrittura, disposta a compromettersi con tutte le malizie della retorica senza vietarsi di accogliere con abbandono l'impeto dei sentimenti più ingenui. La vicenda racconta un amore di sanatorio, nel dopoguerra, fra due malati, un amore-duello sulla frontiera del buio. L'opera è arricchita da un'appendice di pagine inedite escluse dalla primitiva edizione.
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Nellaseradamorediviola 01 luglio 2023Amore e morte
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Devo dissentire dalle altre recensioni: non ho trovato piacevole lo stile. Trasudante cultura, t’inonda di poesia, riferimenti a tutti: classici, filosofi, teologi, ecc., ti umilia con vocaboli desueti e una scrittura ricercata (troppo), ti martella con citazioni; per fortuna che l'autore si era pentito e nelle prime edizioni le aveva eliminate (ma nell'ultima edizione sono state inserite dai curatori, ahimè). Preferisco libri meno colti e presuntuosi che non ti calano tutto dall’alto ma ti coinvolgono nel dolore con sincerità e semplicità, senza l’ampolloso sfoggio di una superiorità nozionistica noiosa e pedante, emblematica di atteggiamenti professorali superati che non stimolano l’interesse ma addormentano la curiosità e la voglia di conoscenza (Chissà Dante....). Cavoli, questa, in fondo, è solo una storia di gente malata che (nel dopoguerra) vive in sanatorio per poi (la maggior parte) morire, tranne l'autore che infine guarisce (dopo essersi innamorato di una scombinata che poi muore).
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Francesca Cocchiara 03 dicembre 2017
E' meglio vivere la morte da protagonista o la vita da comparse?Questo è il conflitto interiore che sta alla base della storia e che offre al lettore profondi stimoli di riflessione. Per la tematica affrontata e per la prosa dell'autore, questo libro insegna che ogni storia ha un suo tempo di lettura diverso. Il lessico di Bufalino è unico nel suo genere, ricco e affascinante. Richiede tempi dilatati per poter essere assimilato senza venirne sopraffatti. E' un libro breve, ma da leggere piano.
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