Romanzo ricco di citazioni letterarie:Manzoni, Buzzati, Montale, Shakespeare, Dante, Boito, Mann, D'Annunzio. Frequenti sono I riferimenti al melodramma e a diverse arie d'opera. Il linguaggio è molto curato anche se risulta poco credibile che tutti I personaggi aboperino lo stesso registro. Sicuramente un plurilinguismo avrebbe giovato alla credibilità della narrazione.
Diceria dell'untore
Vincitore premio Campiello 1981
Iniziata in tempi remoti e riscritta più volte, "Diceria dell'untore" incontrò subito, quando fu data alle stampe nel 1981, un unanime consenso di critica e di pubblico. Stupiva l'esordio tardivo e riluttante dell'autore, la sua distanza dai modelli correnti, la composita ragione narrativa tramata di estasi e pena, melodramma e ironia; non senza il contrappunto di una sotterranea inquietudine religiosa, come di chi si dibatte tra la fatalità e l'impossibilità della fede... Stupiva, l'oltranza lirica della scrittura, disposta a compromettersi con tutte le malizie della retorica senza vietarsi di accogliere con abbandono l'impeto dei sentimenti più ingenui. La vicenda racconta un amore di sanatorio, nel dopoguerra, fra due malati, un amore-duello sulla frontiera del buio. L'opera è arricchita da un'appendice di pagine inedite escluse dalla primitiva edizione.
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Edizione:21
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Anno edizione:2016
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Nicola 30 agosto 2025Amore e morte alla "Rocca"
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Nellaseradamorediviola 01 luglio 2023Amore e morte
Con uno stile ricercato e barocco Gesualdo Bufalino ci porta in un sanatorio, durante il dopoguerra, dove il ventenne protagonista vive una storia d'amore con un'altra malata, Marta. Libro vincitore del premio Campiello "Diceria dell'untore" sarà edito nel 1981 grazie a Leonardo Sciascia e riscuoterà subito ampio consenso di critica e di pubblico. Pagine di dolore, di fede, di speranza aleggiano nel racconto e il protagonista sarà l'unico a ricominciare, guarito, la vita di tutti i giorni, infrangendo il reciproco patto di non sopravviversi.
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Devo dissentire dalle altre recensioni: non ho trovato piacevole lo stile. Trasudante cultura, t’inonda di poesia, riferimenti a tutti: classici, filosofi, teologi, ecc., ti umilia con vocaboli desueti e una scrittura ricercata (troppo), ti martella con citazioni; per fortuna che l'autore si era pentito e nelle prime edizioni le aveva eliminate (ma nell'ultima edizione sono state inserite dai curatori, ahimè). Preferisco libri meno colti e presuntuosi che non ti calano tutto dall’alto ma ti coinvolgono nel dolore con sincerità e semplicità, senza l’ampolloso sfoggio di una superiorità nozionistica noiosa e pedante, emblematica di atteggiamenti professorali superati che non stimolano l’interesse ma addormentano la curiosità e la voglia di conoscenza (Chissà Dante....). Cavoli, questa, in fondo, è solo una storia di gente malata che (nel dopoguerra) vive in sanatorio per poi (la maggior parte) morire, tranne l'autore che infine guarisce (dopo essersi innamorato di una scombinata che poi muore).
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