Recensioni Dio dell'abbandono

Febbre e abbandono come distinzione e “vigore nuovo” per ricominciare in quella giostra dei sensi che non ha fine – che non smette neppure a sera! – e che si vorrebbe continuasse i suoi giri – quella delle periferie e delle feste di paese – anche oltre l’orario di chiusura quando la lucetta della cassa si spegne e il giostraio, rimasto fino ad allora nelle retrovie, appare come un mangiafuoco buono. Anche il passante, la più anonima delle figure, è per il poeta un puntello: spesso più per l’animo che per i sensi. Le stagioni reclamate sembra debbano essere uguali nel ripetersi del dissolvimento ma esse, a seconda di chi colora lo scenario, ovvero quel ritaglio di mondo ove è caduto il poeta, possono essere il dipinto della città ideale oppure un vicolo con scale di ferro e a zigzag dove anche la crudeltà possiede un suo sublime.)
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