Bastano solo le prime righe per capire l'immenso talento dell'autore: Chiudo gli occhi per vivere. Per uccidere, anche. In questo sono il più forte; infatti, egli chiude gli occhi soltanto per dormire e nemmeno il sonno gli porta conforto. Le sue tenebre pullulano di morti, di crudeltà che lo ossessionano. Io so che a lui non piace il riposo, come non piace a tutti i grandi della terra. Il riposo lo lascia solo con la sua coscienza e i suoi rimorsi, con il rimpianto di avere agito sempre da potente, vale a dire da uomo terrificato dal proprio potere.
Dio è nato in esilio. Diario di Ovidio a Tomi
Esiliato da Augusto ai confini orientali del nascente Impero Romano, sull'attuale mar Nero, Publio Ovidio Nasone affida la propria amarezza alle pagine di un diario. “Le Metamorfosi”, il suo capolavoro, hanno lasciato un vuoto nella coscienza, e gli dèi sembrano aver abbandonato il mondo. Ma proprio qui, nella terra dei Geti, il poeta coglie i primi bagliori di un nuovo culto e prepara il suo spirito a un ultimo, imprevisto cambiamento. Attraverso la figura di Ovidio - diviso tra la disillusione e il sarcasmo, il desiderio e la poesia - Vintila Horia tenta di elaborare l'angoscia dell'esilio a cui lo aveva costretto il regime comunista in Romania. L'intreccio di esperienza personale e dimensione letteraria rendono “Dio è nato in esilio” un'opera in cui la scrittura diventa testimonianza, il lirismo denuncia politica e la singolarità di un'esistenza storica assume un significato universale. Nel I960 il libro vinse il Premio Goncourt, che Horia rifiutò in seguito a una campagna denigratoria orchestrata contro di lui dal governo romeno. Prefazione di Rops Daniel.
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Anno edizione:2017
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In commercio dal:31 agosto 2017
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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DucaDiDusseldorf 02 febbraio 2023Incredibile
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RafDob 14 dicembre 2021Interessante
L'autore immagina gli ultimi anni di vita dello scrittore latino Ovidio, esiliato da Augusto in Dacia, l'odierna Romania, sul Mar Nero. Il romanzo è scritto in forma di diario, è quindi Ovidio che parla in prima persona. Il racconto presenta l'iniziale forte desiderio dello scrittore di ottenere la grazia di Augusto per poter così abbandonare una cittadina ai confini dell'Impero, circondata da barbari. Ben presto, però, lo scrittore comincia a conosce la lingua dei Geti, ne impara gli usi e comincia a cogliere lo stato di profondo decadimenti in cui versa ormai l'Impero.
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