(?, 1525 - Lisbona 1580) poeta portoghese. Sono incerti i dati sulla sua vita (a cominciare dal luogo di nascita: Lisbona, Coimbra?), basati su pochi documenti. Forse studente all’università di Coimbra, venne esiliato a Ceuta e in Africa perse un occhio in battaglia. Tornato a Lisbona, vi condusse vita disordinata, ai margini della corte, fino a che, imprigionato per aver ferito in una rissa un rivale, chiese e ottenne nel 1553 il perdono regio imbarcandosi per l’India. Anche a Goa visse all’ombra della corte, partecipando a missioni militari e amministrative in Africa, poi fu inviato del vicerè a Macao. Un naufragio alla foce del Mekong, in cui perse ogni suo avere (la leggenda vuole che si salvasse a nuoto tenendo alto sui flutti il manoscritto dei Lusiadi) fu all’origine di un nuovo incarceramento. Ritornato in patria (1570), dopo un nuovo soggiorno (1569) in Africa, grazie a una colletta di amici, fra cui lo storico Diogo do Couto, pubblicò a Lisbona I Lusiadi (Os Lusiadas, 1572), che gli valsero una misera pensione regia. La tradizione vuole che morisse il 10 giugno 1580, il giorno in cui Filippo II di Spagna entrava come re in Lisbona e il Portogallo perdeva (fino al 1640) la propria indipendenza.Tra le opere giovanili di C. vanno ricordate tre commedie scritte tra il 1544 e il 1549: Gli anfitrioni (Os enfatrioes), dove riprende il tema di Plauto; Auto di Filodemo (Auto de Filodemo), commedia pastorale; Auto del re Seleuco (Auto d’el rei Seleuco), che sviluppa l’anedotto riferito da Plutarco sull’amore di Antioco, figlio del re di Siria, per la sposa di suo padre. Lavoro di gioventù, le tre commedie - che si richiamano al teatro classico, alle farse di Gil Vicente e al teatro spagnolo - sono la parte meno matura e originale dell’opera di C. Nella lirica, invece, che gli ammiratori del poeta raccolsero in un volume, Rime (Rimas, 1580), C. raggiunge una straordinaria compiutezza espressiva. Le Rime sono un modello di sobrietà, trasparenza, equilibrio fra pensiero e sentimento. È evidente la grande familiarità del poeta con la cultura italiana, con Petrarca soprattutto, il cui esempio riecheggia in ogni pagina di C., ma senza intaccarne l’originalità, così come il paziente studio e i sapienti artifici formali non tolgono alle Rime l’immediatezza vitale, che è uno dei loro pregi maggiori. Il capolavoro di C. è tuttavia I Lusiadi, poema epico in 10 canti, che celebra le gesta dei lusitani o portoghesi. Nei Lusiadi C. raggiunge la piena maturità, l’armonia tra la cultura classica, la tradizione nazionale, ancora in gran parte medievale, e un anelito di conquista e di conoscenza, che fa di C., come è stato detto, il vero epico del rinascimento. La maggiore originalità del poema, il cui protagonista è tutto il popolo lusitano, sta nel fatto che la storia (la vicenda delle scoperte e della formazione dell’impero portoghese) vi appare «meravigliosa» non meno dei miti e delle favole antiche, e talora attinge addirittura i colori di uno splendido e impossibile sogno. Agli eccessi, non rari, di solennità e di retorica si contrappone una gamma mirabilmente sfumata di sentimenti che assicurano all’opera una costante tensione lirica.