(Firenze 1503-84) scrittore italiano. Speziale, autodidatta, fu tra i fondatori dell’Accademia degli Umidi (1540), nella quale prese il nome del pesce d’acqua dolce «Lasca». Nel 1582 lo troviamo anche tra i fondatori dell’Accademia della Crusca. Abbondante scrittore di rime di vario genere, G. eccelse soprattutto nei componimenti comico-realistici, affermandosi come uno dei migliori seguaci di F. Berni (del quale, nel 1548 e nel 1552, aveva curato l’edizione delle opere). Ma prova maggiore della sua arte egli dette nelle farse (Il frate, La giostra, La monica, quest’ultima andata perduta), nelle 7 commedie, tutte anteriori al 1566 (La gelosia, La spiritata, La pinzochera, La strega, La Sibilla, L’arzigogolo, I parentadi, pubblicate nel 1582) e nelle Cene, raccolta di novelle racchiuse in una cornice introduttiva di tipo boccaccesco (s’immaginano raccontate, in tre sere di carnevale, da cinque giovani e cinque ragazze). Quest’opera, la sua più nota, ci è giunta incompleta: restano, infatti, due Cene e il principio di una terza, per un totale di 22 novelle. La seconda Cena apparve nel 1743, la prima nel 1756; la novella La giulleria, appartenente alla terza Cena, nel 1815. La grazia, l’arguzia un po’ facile, la vivacità del dialogo, che nelle commedie fanno dimenticare a tratti la soggezione di G. ai modelli del teatro classico, ritornano in modo più costante e persuasivo nelle novelle. Libere da ogni preoccupazione che non sia quella di raccontare e divertire, esse tracciano un quadro vario e ricco del costume fiorentino del tempo, indulgendo a un lessico che trae forza dalla lingua parlata e popolare.