Riccardo Riccò, classe 1983, soprannominato il Cobra, corona il suo amore per il ciclismo con una carriera di successo tra i dilettanti e diventando professionista nel 2006. È considerato il più brillante erede di Pantani quando, nel 2008, si aggiudica due tappe al Giro d'Italia, che conclude al secondo posto dopo Contador, e due tappe al Tour de France. Ma alla partenza della dodicesima tappa, viene fermato perché positivo al cera, l'epo di terza generazione, e subisce una squalifica di due anni. Al rientro firma con la Vacansoleil Pro Cycling, ma nel 2011, al termine di un allenamento, rischia la vita per un'autotrasfusione. L'episodio gli costa una squalifica di dodici anni, fino al 2024. Nel 2018 ha scritto insieme a Dario Ricci il libro autobiografico Cuore di cobra. Confessioni di un ciclista pericoloso (Piemme).
«Amo il ciclismo più di quanto si possa immaginare e comprendere. Non l'ho mai tradito», dice del suo sport.