Lettura molto veloce e anche interessante. Ben lontano dall'essere una teoria argomentata di cosa è un errore, ma un filo del discorso c'è: quelli che sembrano errori sono tali solo se viene adottato un parametro "realista" della fotografia. Vale a dire: se consideriamo la fotografia come meccanica riproduzione della realtà, allora ogni deviazione da una rappresentazione pulita, limpida, picture perfect diventa un errore. Una non-foto. Ma questo standard è culturale, legato a uno specifico momento nella storia (più d'uno in realtà); altri momenti considerano le deviazioni come produzioni dotate di significato comunque, anche se presentano errori (sfocature, doppie esposizioni, ombre... non vengono citate le dita sull'obiettivo). In conclusione, l'errore fotografico significa questo: quale standard di fotografia è accettato "qui e ora". E quali altre interpretazioni possono essere avanzate.
L'errore fotografico. Una breve storia
Se i1 termine Fautographie - errore fotografico - sembra risalire a Man Ray, la pratica, nelle sue molteplici forme, è antica quanto la fotografia stessa. Cancellature e fallimenti, sorprese belle o brutte, détournements, lapsus e pasticci hanno delimitato la sua storia, fecondato le avanguardie, ispirato le teorie più importanti e le esperienze più fantasiose, suscitato dibattiti estetici spinosi quanto appassionanti. Secondo Gaston Bachelard «è in forma di ostacoli che bisogna porre il problema della conoscenza scientifica». È questo il modello epistemologico su cui si basa il presente saggio, che scommette sull'errore fotografico come strumento cognitivo: è nelle sue ombre, nei suoi scatti errati, nei suoi accidenti e nei suoi lapsus che la fotografia si svela e meglio lascia analizzare la sua natura. L'errore fotografico non si avvicina quindi alle fotografie errate con lo spirito con cui Rimbaud si avvicinava ai «dipinti idioti», e neppure difende o esalta ciò che dagli altri è vilipeso, per gusto stravagante o semplice civetteria. Non cede neppure alla tradizione letteraria dell'apologia paradossale, facendone l'elogio. Al contrario, questo piccolo trattato di «ematologia» fotografica, per esteti, storici dell'immagine e curiosi, cerca prima di tutto di circoscrivere i lapsus di quel medium e di comprendere ciò che rivelano, tenendosi a distanza dal semplice museo degli orrori, dalle collezioni che allineano esemplari anomali, sempre a rischio di sconfinare nella teratologia.
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Collana:
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Anno edizione:2009
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Antonio Costa 20 maggio 2018
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