Il libro mi è piaciuto. È violento e duro il necessario per raccontare una realtà di una moltitudine di condannati per reati violenti. Stupiscono le digressioni filosofiche in tale realtà, secondo me troppe e troppo profonde (non credibili).
Texas, carcere di massima sicurezza di Green River. Duemilacinquecento detenuti rinchiusi in una gabbia di acciaio, granito e vetro, illuminata giorno e notte da una luce crudele. Una perfetta macchina punitiva che mette a nudo il colpevole in ogni momento della sua vita, facendo leva sulle sue fantasie paranoidi. Una concezione razionalista che dovrebbe garantire il funzionamento del potere, ma che non regge la prova dei fatti. Per questo, il direttore Hobbes decide nella sua coerente follia che è giunto il tempo di restituire la prigione ai suoi immondi abitanti, i quali, lasciati a se stessi, ristabiliranno una loro primaria morale. Ray Klein, medico condannato ingiustamente per lo stupro della fidanzata, da tre anni vive a Green River. È riuscito a sopravvivere alla violenza del penitenziario rimanendo fedele al motto: "Non sono cazzi tuoi". Poche parole scritte sullo specchio che rimanda la sua immagine ogni mattina. Da non dimenticare mai. Ed è riuscito a non impazzire lavorando nell'infermeria a fianco della psicologa Juliette Devlin. Ma il giorno in cui Klein ottiene la libertà vigilata, l'inferno di Green River prende fuoco. Il farneticante disegno del direttore sfocia in una rivolta di inaudita ferocia: assassini, rapinatori, stupratori bianchi scendono in guerra contro assassini, rapinatori, stupratori neri e latinos. Una lotta tribale di tutti contro tutti in nome della distruzione. Klein può rintanarsi nella sua cella e aspettare che l'apocalisse si consumi.
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Anno edizione:2009
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enrico grandesso 09 giugno 2022
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