Yalom affronta il difficile tema dell’angoscia della morte con l’annosa esperienza del suo lavoro di psicoterapeuta. Le sue convinzioni, i punti saldi del suo modo di concepire la vita e quindi di aiutare gli altri, si basano tutti sull’assunto fondamentale che ciascuno di noi ha paura, a modo suo, di morire ed affronta questa paura in modo diverso. Tanti fattori possono renderci più o meno sensibili alla morte, tante esperienze pregresse possono condurci a diverse sensazioni ed emozioni quando si pensa alla fine della vita. L’esperienza dell’autore converge su un punto in particolare: la condivisione, la connessione tra gli esseri umani, che per lui è l’unica dimensione su cui poter affrontare la morte nelle sue varie sfaccettature.
Fissando il sole
«La tristezza mi entra nel cuore. Io ho paura della morte». Così quattromila anni fa Gilgamesh, leroe babilonese, commentava la morte dellamico Enkidu. La paura della morte ci perseguita da sempre. Cè chi la manifesta indirettamente, magari in un sintomo che non ha apparentemente nulla a che fare con essa; cè chi la esplicita, come Gilgamesh, con tragica consapevolezza; cè chi ne è a tal punto paralizzato da non potersi abbandonare ad alcuna felicità. Come unombra oscura, la paura della morte entra nel cuore di ogni uomo, in ogni epoca, sotto ogni condizione. Al punto tale che non vi è stato scrittore degno di questo nome che non labbia affrontata e descritta. Irvin Yalom laffronta anche lui in questo libro, ma non per aggiungere un suo compendio di riflessioni alle illustri opere del passato. Il libro è piuttosto una ricognizione che nasce dal confronto personale con il problema della morte, confronto offerto dal dialogo con i pazienti e dalla frequentazione delle opere di quei pensatori che hanno tracciato la via per avere la meglio sul terrore della morte. Lesperienza mostra come sia davvero arduo vivere ogni istante consapevoli di dover morire. «È come cercare di fissare direttamente il sole: si riesce a sopportarlo solo per poco». Di qui i rituali compulsivi per attenuarne il terrore: la proiezione nel futuro attraverso i propri figli, la fede in un salvatore, la strenua lotta per diventare importanti e famosi. Langoscia della morte è però sempre in agguato, «occultata in qualche abisso nascosto della mente». Che cosa fare? Come misurarsi con essa? Più che Freud, Jung e gli altri grandi psichiatri della fine del diciannovesimo e dellinizio del ven-tesimo secolo, sono i filosofi greci classici, in particolare Epicuro, a indicare, per Yalom, la via. È attraverso il pensiero di Epicuro un filosofo lontanissimo da quella concezione di abbandono alla sensualità con cui viene generalmente tramandato che lidea della morte, anziché portare alla disperazione e a una vita priva di scopo, può essere una awakening experience, unesperienza di risveglio, «una consapevolezza che conduce a una vita più piena». «Condivido la paura della morte con ogni essere umano: è la nostra ombra oscura dalla quale non ci separiamo mai. Queste pagine contengono quanto ho imparato dalla mia esperienza, dal lavoro con i pazienti e dai pensieri di quegli scrittori che hanno ispirato il mio lavoro per avere la meglio sul terrore della morte». Irvin D. Yalom «Yalom è uno studioso della condizione umana. La sua voce mescola meraviglia e umiltà». Boston Globe
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Una lettura complessa, non per il linguaggio del terapeuta, ma per l’argomento. Quanti difronte alla parola “morte”si ritirano, indietreggiano e barcollano. Yalom tratta il tema della morte, in tutte le sue declinazioni: paura, attacchi di panico, rinuncia a vivere, malati terminali. Ma ciò che Yalom dice è che pensare la morte significa lasciare che un mondo di idee feconde riguardo la vita, la nostra vita, nascano in noi. La sua teoria ha fondamenta antiche nei filosofi greci e Yalom la sintetizza con l’esprespione “cerchi nell’acqua”. Ci ricorda che un pensiero gentile, un’azione altruistica, o buona azione, un sorriso dedicati agli altri può lasciare di noi una traccia anche dopo la morte. Il consiglio è di vivere non come un personaggio da serial ma di esistere. Per capire meglio consiglio il vecchio film di kurosawa “Vivere” o di guardare su YouTube una delle tante conferenze tenute da Yalom. Ascoltate Staring at the sun
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La paura della morte si sconfigge con l'amore e l'accettazione della vita. Nel sogno americano la morte è poco accettata, soprattutto fra le persone ricche abituate ad avere tutto, a sentirsi invincibili, i migliori, la morte viene continuamente esorcizzata, vedi il carnevale che fanno a All'Oley mentre noi europei i giorno dei morti lo dedichiamo alla visita dei nostri defunti al cimitero. Non è vero che alla base di una nevrosi c'è la paura della morte, come ben ci ha spiegato Freud e tutta la psicanalisi post freudiana. Una persona anziana, di 80 anni, accetta come fatto normale che se vuole andare in una casa di riposo, deve abbandonare i suoi bene. E' normale abbandonare i propri bene senza angoscia, anzi con un senso di liberazione, regalando con piacere le proprie cose che non ci serviranno più. Invece una delle pazienti di Yalom, Alice ne fa un dramma, che poi con l'aiuto del medico supera. E chi non ha nulla? Chi non si può permettere neppure un medico quando è veramente malato. Chi non ha lavoro, chi passa le giornate senza sapere come tirare sera? Nessuno scrive libri su questo argomento. Meglio parlare della morte, ma della vita, come superare il lutto, le ferite narcisistiche, la solitudine, l'infelicità vera per motivi reali, non ce ne parla nessuno, Non fa fine.
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