Sicuramente una delle sei milioni di storie (anzi molte di più) da conoscere relative alla Shoah. Ma provando a non limitarsi alla sola seconda guerra mondiale, sarebbero molti milioni le storie da conoscere sulle pulizie etniche attuate negli ultimi cento anni. Storie che si ripetono periodicamente, ciclicamente, come fossero una delle quattro stagioni, e sempre la stagione più buia, quella del “Sonno della ragione che genera mostri”. Quello che Wiesenthal vuole trasmette, non è solo la sua storia nei campi di prigionia e in quello di sterminio (differenza assurdamente, oscenamente e drammaticamente sostanziale in termini, ma non nei fatti), ma anche fare una domanda essenziale: “può esserci il perdono”? “Si può (o si deve) perdonare?".
Il girasole. I limiti del perdono
Nel 1942, a Leopoli, una SS morente chiede ad un ebreo il perdono per i crimini che ha commesso. A rifiutare questa grazia al giovane nazista è Simon Wiesenthal, che dopo la guerra diventerà l'implacabile "cacciatore dei nazisti" . A distanza di tempo quel rifiuto continua a turbare Wiesenthal: ne discute con gli amici, va a visitare l'anziana madre della SS, infine decide di raccontare quella vicenda per chiedere e sé stesso e ad altri testimoni e intellettuali se ha commesso un errore, negando il perdono.
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Edizione:9
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Anno edizione:2002
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