Giulio Romano e l'arte del Cinquecento
Giulio Romano: "that rare italian master" lo definì Shakespeare che lo citò, unico artista italiano, nel suo teatro. Vasari lo elogiò come uomo virtuoso e lo esaltò come artista; sommi architetti e pittori, in Italia e oltralpe, ne emularono le prodigiose invenzioni. Allievo prediletto ed erede di Raffaello, accettò di trasferirsi a Mantova su invito di Federico II Gonzaga nel 1524 e il piccolo principato, illustrato nel Quattrocento dall'arte di Pisanello, Alberti e Mantegna, tornò ad essere teatro di creazioni d'avanguardia. Palazzo Te, i nuovi appartamenti di Palazzo Ducale, la cattedrale, i disegni e i progetti che scaturivano copiosi dalla sua mente assunsero rilievo esemplare nella storiografia e nella prassi dell'arte. Si fa giustamente risalire alla tesi di laurea di Ernst Gombrich (1933) il rinnovamento degli studi su Giulio, ma le pubblicazioni e i restauri succeduti a quella coltissima premessa hanno rivelato, e stanno ancora ponendo in risalto, ininterrotte e complesse trame che dagli exempla del maestro si estendono a vari campi dell'espressione figurativa e del pensiero critico, sino ai nostri giorni. Lo hanno dimostrato tappe miliari come la mostra e il catalogo curati da Tafuri nel 1989, la monografia di Belluzzi su Palazzo Te nei "Mirabilia Italiae" (1998), e le recenti indagini, esposte nel convegno "Giulio Romano e l'arte del Cinquecento", del quale si pubblicano ora gli atti.
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Anno edizione:2014
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