Impariamo a scrivere dai bambini
Nel saggio qui tradotto Tolstoj è alla ricerca del metodo per far appassionare i ragazzi alla scrittura creativa. Dopo diversi tentativi, prendendo l’ispirazione da una raccolta di proverbi riesce a motivarli alla scrittura della storia che sta dietro al proverbio «Intanto che col cucchiaio sfama, col ramo punge l’occhio». Tolstoj riconosce una grande attitudine artistica che viene fuori spontaneamente da due di questi bambini nel percorso di composizione e ne rimane stupito. Nel processo Tolstoj resta meravigliato dal talento di due allievi in particolare, quindi li incoraggia a sviluppare il tema seguendo le pieghe della loro fantasia, senza scoraggiarli o correggerli perché sono detentori del senso di verità, bellezza e bontà. Anche la relazione che in questi ragazzi hanno i vari elementi è armoniosa e aggraziata e non ha nessun bisogno di essere corretta secondo i canoni del “bello scrivere” scolastico. Tolstoj nota il cambiamento avvenuto nei bambini una volta sperimentata la bellezza della scrittura creativa. Dopo la loro esperienza nello scrivere il primo, continuano a scrivere un secondo racconto ma in questo aumenta ancor di più il grado di talento e di passione dei bambini mentre diminuisce il grado di assistenza dell’insegnante. Tolstoj è testimone di questo magico entusiasmo per la scrittura creativa dei bambini e si sente privilegiato e fortunato ad aver assistito a una tale trasformazione. Tolstoj si accorge che l’insegnante non ha nulla da spiegare agli allievi in materia di stile, di correttezza, di compiacimento del gusto degli adulti ma, al contrario, ritiene sia la semplicità di pensiero e di discorso dei ragazzi l’elemento da valorizzare e da prendere come esempio anche per la prosa degli adulti. Tolstoj conclude che è impossibile e inutile insegnare ai bambini la scrittura in materia di stile o di correttezza perché loro sono più vicini di ogni adulto all’ideale di armonia interna. Secondo Tolstoj, non possiamo insegnare ai bambini in generale e ai figli dei contadini in particolare a scrivere in modo poetico; l’unica cosa che possiamo fare è avviarli al processo di composizione. La concezione della scuola che ne esce è diametralmente opposta a quella vigente allora in Russia (ma anche oggi in molti altri paesi): valorizzare il talento infantile come risorsa naturale, non “domarlo”, “soggiogarlo” alle regole e alla morale sbandierata (ma spesso non davvero seguita) dagli adulti. Il titolo originale del saggio: «Chi deve imparare a scrivere da chi, i ragazzi contadini da noi o noi dai ragazzi contadini?» rappresenta un’idea rivoluzionaria, una domanda provocatoria per gli abitanti dell’impero russo nel 1862. Ponendo la questione, suggerisce che i contadini sono paragonabili alla classe alta. O ancor di più, siamo noi a dover imparare da loro un’arte raffinata come la scrittura creativa. Infine il messaggio è ancora più sconvolgente: non solo sono i contadini ma sono i bambini contadini quelli da cui dobbiamo imparare a scrivere.
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