L'istituto per la regolazione degli orologi - Ahmet Hamdi Tanpinar - copertina
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L'istituto per la regolazione degli orologi
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Descrizione


"Quel che conta, in questo capolavoro comico-satirico, è la forma con cui Tanpinar prova a maneggiare il Tempo, l'attrezzo con cui entra dentro la gabbia delle tigri: un orologio. Il che è un paradosso, o un'apparente contraddizione: Tanpinar tenta di lasciare che il Tempo soffi libero il suo sinistro vento abissale, e però per farlo non trova nient'altro di meglio che raccontare come per tutta la vita abbia tentato viceversa proprio di chiuderlo in sacchetti, creando persino un'Istituzione apposita. 'L'Istituto per la Regolazione degli Orologi' mette in scena proprio questo fallimento, nella dialettica, tipicamente novecentesca tra il caos del mondo e un tentativo da parte del romanzo di trovargli un qualche ordine. Il mondo infuria, la vita si dipana in troppe linee perché se ne possa scegliere - comunque arbitrariamente - una da raccontare e dare per buona. Per questo il romanzo usa le parole, perché alla stregua di quei sacchetti di tempo che sono gli orologi, danno l'illusione che l'abisso si possa dire, il Tempo calcolare, lo Spazio si possa misurare". (Dalla prefazione di Andrea Bajani)

Dettagli

28 ottobre 2014
X-448 p., Brossura
Saatleri ayarlama enstitüsü
9788806196868

Valutazioni e recensioni

  • Upallow
    Impegnativo ma a suo modo interessante

    Il romanzo, considerato un capolavoro della letteratura turca moderna, è narrato in prima persona dal protagonista, Hayri İrdal, e si muove con ironia tra il romanzo di formazione, la satira e la tradizione mediorientale. Dopo la clamorosa prolessi d'apertura, in cui si anticipa l'intera vicenda dell'Istituto per la regolazione degli orologi e dei personaggi che gli gravitano intorno, inizia la lenta narrazione della vita del personaggio principale, dalla povertà al successo, costruita come un susseguirsi di piccole storie popolate dai vari caratteri. Un'amore per l'affabulazione che mi sembra classico della narrativa orientale, da "Le mille e una notte" a "Hakawati. Il cantore di storie" di Rabih Alameddine, per citare due estremi. Se da un lato quindi si intravvede la tradizione dall'altro la vena surreale e l'approccio umoristico sanciscono la modernità novecentesca dell'opera. L'Istituto è un ente totalmente inutile che dà lavoro ad amici e parenti; il sistema di operatori e di multe è palesemente assurdo; il testo scritto da Hayri İrdal parla di un personaggio storico inventato e la fama che ne deriva è chiaramente immeritata. In questo modo vengono stigmatizzate e messe in luce le contraddizioni e le problematicità della modernizzazione che la Turchia sta vivendo in quel periodo. Dal punto di vista del lettore è un testo lento e faticoso. La vicenda principale inizia a svilupparsi a circa due terzi del libro, preceduta da mille episodi popolati da personaggi minori, rivoli di una narrazione che tende da un lato ad avvitarsi su se stessa e dall'altro a esplodere in mille direzioni, spesso effimere. Ho fatto fatica ad appassionarmi alle vicende narrate, anche perché il punto di arrivo è ampiamente chiarito nel capitolo iniziale, e ho trovato l'autore prolisso e a tratti ripetitivo. Nonostante questo sono contento di averlo letto e ne ho apprezzato il valore storico-letterario.

  • Giuseppe R

    Che fatica terminare questo voluminoso romanzo! Dalle prime pagine avevo subito capito che sarebbe stata una lettura diversa da ogni altra prima. Tampinar è infatti un prosatore molto particolare, anche per il ricorso all'ironia e l'humour. Mi ha subito preso! La cosa più bella era l'inserimento dell'elemento sovrannaturale al punto che mi sembrava di star leggendo un Marquez turco e un realismo magico anatolico. Ma subito tutto è venuto inspiegabilmente meno, lo stile si è fatto prolisso e la storia sempre meno coinvolgente. Insomma, più andavo avanti e più diventava faticoso, a volte quasi insopportabile. Peccato

  • Opera che sfugge ad una precisa classificazione, in cui il filo narrativo si dipana in vari rivoli e una miriade di personaggi. Basti pensare che lo svolgimento vero e proprio, quello relativo al titolo, inizia da pag. 300 circa, nel pregresso l’autore prepara il terreno, spiega i retroscena, si titilla coi background. A momenti obiettivamente validi si alternano altri meno felici, lenti e barocchi, poco coinvolgenti, ma è proprio l’opera nel suo complesso che lascia un sapore indefinito ed un interrogativo su tutti: ne è valsa la pena leggerlo?

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