(Napoli 1508-75) poeta italiano. Nelle «selve» e negli epigrammi modulò felicemente, attualizzandolo e rendendolo lingua «viva» sull’esempio di G. Pontano, il latino appreso alla scuola dell’umanista M. Epicuro. Oltre allo Scilinguato e agli Strabalzi, due commedie classicheggianti del tutto convenzionali, compose 14 Egloghe piscatorie (pubblicate nel 1567 e nel 1572, insieme ad altri componimenti), che si rifanno alla maniera del Sannazaro, e un canzoniere (Rime, 1567) per la moglie morta (Porzia Capece) il cui stile petrarchesco, rivissuto nelle forme morbide e artificiose del manierismo meridionale, assume già coloriture barocche.