(Mantova 1462 - Bologna 1525) filosofo italiano. Aristotelico, fautore di una concezione che risolveva in chiave naturalistica anche il problema dell’uomo, fu condannato dalla chiesa per aver negato l’immortalità dell’anima (De immortalitate animae, 1516). Si difese coll’Apologia (1519), sostenendo la teoria della doppia verità, quella della fede e quella della ragione. S. Speroni lo introduce come interlocutore del Dialogo delle lingue (1530-42) e lo fa sostenitore del dialetto e, più in generale, avversario di ogni formalismo linguistico. Sembra del resto che la sua stessa parlata fosse bizzarra: Bandello (novella III, 38) afferma che «pareva un giudeo tedesco che volesse imparare a parlare italiano».