(Voronež 1899 - Mosca 1951) scrittore sovietico. Laureatosi in ingegneria, lavorò per qualche tempo a imprese di bonifica e elettrificazione nella Russia meridionale. Cominciò a scrivere in prosa (dopo un modesto esordio poetico) verso la metà degli anni Venti, pubblicando su riviste una serie di racconti e romanzi (Le chiuse di Epifanio, 1927; Il dubbioso Makar, 1929; L’uomo di stato, 1929; A buon pro, 1931; Il mare della giovinezza, 1932), nei quali mostrava di orientarsi verso la linea ornamentale di Gogol’, Leskov, Remizov. Densi di spunti satirici contro la burocrazia e attenti al fenomeno della disumanizzazione dell’individuo, questi scritti procurarono a P. violente critiche, culminate, negli anni delle purghe staliniste, nell’arresto e nel confino. Tornato dall’esilio, P. riprese a scrivere, ma le sue opere, di mutato tenore, non poterono essere pubblicate. Dopo la morte, hanno visto la luce alcune raccolte di suoi racconti e romanzi brevi (Racconti scelti, 1958; Il mondo è bello e feroce, 1965; Alla ricerca di una terra felice, 1968), e i romanzi Lo sterro (scritto nel 1929-30) e Mosca felice (scritto fra il 1933 e il 1936). Nelle sue opere più mature P. sostituì all’elaborato stile dei primi libri una scrittura più semplice e dimessa, adatta a trasporre artisticamente l’illusione, il disagio e la solitudine dell’homo sovieticus. La sua narrativa offre, nel complesso, una coraggiosa alternativa ai toni celebrativi della letteratura ufficiale, di cui affronta gli stessi temi (la tragedia della guerra civile, la riedificazione della società sovietica ecc.), ma da un’angolazione che privilegia le ragioni dell’uomo comune e non esita a colpire gli aspetti mistificanti della realtà postrivoluzionaria. Oggetto di un’attenta rivalutazione in anni recenti, l’opera di P. viene oggi collocata da molta critica ai vertici dell’arte narrativa del ’900.