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Mirco e Mané ci insegnano il valore della forza di volontà, della capacità di andare controcorrente nonostante quello che gli altri dicono di noi, portandoci dietro i nostri limiti e imparando a farne delle risorse preziose.
Oggi è il giorno che aspettavo da tutta la vita, tra pochi minuti comincerà la finale di coppa del mondo del 1958 e io sarò tra i titolari. Provate a pensare a quanti brasiliani ci sono, tutti nati con il calcio nel sangue, e tra gli undici titolari non ci saranno quelli che mi prendevano in giro a scuola ma io Manoel Francisco Dos Santos, detto Garrincha
La vita non è facile se sei un appassionato di cheeseburger e detesti il calcio ma i tuoi genitori sono vegani e hanno un food truck davanti a San Siro. Mettici poi che a scuola tutti ti prendono in giro, la bellissima Beatrice sa a malapena il tuo nome e tuo fratello che è in sedia a rotelle ti rimprovera di non giocare a calcio, "tu che puoi"... Meglio rifugiarsi in un angolo della palestra e sperare che gli altri si dimentichino di te. Ma quando il portiere della scuola finisce k.o., Mirco è costretto a sostituirlo, anche se lui, più che il portiere, sarebbe adatto per fare la palla. La storia di Mirco si intreccia con quella di Mané Garrincha, uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi, che portò il Brasile a essere campione del Mondo per ben due volte, nonostante ai suoi esordi si fosse sentito dire che non poteva giocare perché era gobbo, storpio e malato.L'articolo è stato aggiunto al carrello
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