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Anno edizione: 2014
Anno edizione: 2015
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Un saggio imprescindibile per capire il Novecento e ricostruire un'antropologia dell'uomo contemporaneo.
«Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte e oscurate: anche le nostre» – Primo Levi
Quali sono le strutture gerarchiche di un sistema autoritario e quali le tecniche per annientare la personalità di un individuo? Quali rapporti si creano tra oppressori e oppressi? Chi sono gli esseri che abitano la «zona grigia» della collaborazione? Come si costruisce un mostro? Era possibile capire dall'interno la logica della macchina dello sterminio? Era possibile ribellarsi? E ancora: come funziona la memoria di un'esperienza estrema? Le risposte dell'autore di Se questo è un uomo nel suo ultimo e per certi versi più importante libro sui Lager nazisti.
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Levi, protagonista oculare di uno degli eventi più drammatici della storia umana, ci insegna come le vicende e gli accadimenti storici non avvengono per caso, non ci sono estranei: "è avvenuto, quindi può avvenire ancora". E noi, con le nostre azioni, le nostre non azioni possiamo ritenerci corresponsabili di ogni tragedia che, apparentemente, ci appare lontana e fuori dalla nostra sfera vitale. Anche l'egoismo, l'abulia e l'ignavia pesano sulle nostre coscienze!!!
saggio che può accompagnare la lettura di Se questo è un uomo. scrittura chirurgica, tagliente, riflessione razionale e profonda. l'autore abbandona in parte il tono documentaristico presente in Se questo è un uomo per osservare e studiare il fenomeno concentrazionario. da leggere e rileggere da consumare
La propria esperienza come deportato nel Lager di Auschwitz diventa, per la tragicità dei fatti, il centro della sua vita: da testimone ha raccontato il lager ed il ritorno in Italia, in “I sommersi e i salvati” prova a decifrare la deriva della Germania nazista. Ci sono alcuni spunti interessanti, ho trovato lo scambio epistolare con i lettori tedeschi ancora più fecondo: l’autore non si esprime apertamente, ma sotto sotto ricalca le parole della senatrice Liliana Segre che della Shoah tra qualche anno sui libri di storia ne rimarrà un paio di righe, poi nemmeno quelle. L’autore sentitosi in dovere di testimoniare l’orrore, intuisce in molti interlocutori senza la sua esperienza che il male è finito con la caduta di Hitler e buona pace per tutti. È mia personale impressione che esiste il pericolo del ripetersi di una tragedia simile se si squaglia la società, senza rappresentanza e doveroso riconoscimento nei gangli di potere della cittadinanza.
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