Ma che spettacolo...

"Ma che spettacolo", angosciante tema dalle melodie maggiori con strofe firmate da puntigliosi lanci di tastiere in controcanto, di presagio, come lampi di bombe appena un colpo dopo la detonazione, mescolate ad un tuonare ininterrotto di basso e batteria, a testimoniare la continua presenza della guerra e del caos là fuori, nonostante la porta chiusa ed il televisore spento. Un tuonare che diventa bombardamento e si apre in crescendo dal bridge all'inciso, in cui si entra nel campo di battaglia tra il caos della gente che vede e non vuole. E quell'interferenza elettronica che si nasconde durante tutto il pezzo, che chiude in un cortocircuito di follia cibernetica. L'attenzione per l'importanza di ogni singolo suono è maniacale. Se ci si mette a pensarci fa andar via di testa. Geniale! L'immancabile concezione dell'album come "creatura" viva e non come un insieme di canzoni. Non brani come corpi vuoti che ad intermittenza prendono vita, grazie ad uno che sta sul palco col defibrillatore in mano, perché la musica non è da vedere, ma anche nei live è comunque da sentire. Tozzi è presente come se fosse un live, anche in una traccia audio. All'inizio ero perplessa della produzione, ma poi ti ritrovi con questa musica dentro, che non riesce più ad uscire e comprendi il motivo per cui Tozzi è nel nostro DNA che si conosca o meno l'immagine dell'artista.