Il tema affrontato non è certamente leggero. La storia è ambientata in un campo di lavoro russo, durante la seconda guerra mondiale. Ma ciò che mi ha colpito di questa lettura, è stato il modo in cui Konsalik descrive il protagonista, realmente vissuto (il romanzo è infatti liberamente tratto da una storia vera). Lui è tedesco, un vinto quindi ma anche un vincente, perché mantiene il giuramento fatto quando divenne medico. Dà tutto se stesso per salvare la vita dei prigionieri connazionali ma la stessa devozione dona ai suoi carcerieri, finendo per instaurare, con alcuni di loro, un rapporto di reciproca stima e rispetto. Lotta quotidianamente per l’Uomo e non per la fazione politica. E lo fa contro la mancanza di strumentazione adeguata, contro l’ostilità di chi non ha la stessa visione dell’umanità. Una lettura che arricchisce dentro, soprattutto perché il protagonista è un uomo realmente esistito e questo rincuora. Un uomo che vorresti incontrare nella vita di tutti i giorni. Verso la fine, quando restano soltanto poche pagine, ti assale la tristezza per un commiato che non vorresti mai dare. Lucia Napolitano
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