Il breve romanzo di Gabriella Baldissera fluisce, scorre, avvince, convince. È un bel traguardo per una scrittrice che sa entrare nelle fibre della psiche del femminile e non solo, che racconta quel tessuto di emozioni che danno autenticità all'esistenza, malgrado i nodi in cui la vita necessariamente spesso si aggroviglia e il bisogno di sbrogliarli. Già dipanare quel tessuto è narrare. Tutto passa attraverso un raccontare il ritmo delle emozioni, il tempo dell'anima. Qui si mette in scena un triangolo di creature che, pur avvicinandosi a prototipi già immortalati dalla grande letteratura europea, vivono una loro umanità schietta e insieme ombrosa, e un ménage esistenziale che sarebbe piaciuto al grande Truffaut. La protagonista ha la sostanza impalpabile di un'eroina colta, una flaubertiana anima sognante dei nostri giorni. Difficile non empatizzare, per il lettore aperto, con una creatura simile e le sue emozioni. Difficile non dubitare di avere già incontrato questo tipo di donna, nei mille labirintici sentieri della vita, o immaginare di non poterla incontrare un giorno. Ma ogni reale personaggio in cui ci si imbatte nella vera letteratura è un incontro, anzi quello forse è il vero incontro. Simona Albano La vicenda mi ricorda vagamente certi intrecci di Pierre Jean Jouve e "Jules e Jim". Apprezzo la raffinatezza della "neverkunst", poichè la sua è una scrittura appunto di nervature. E mi riconosco nella malinconia sottesa ad ogni riflessione. Silvio Raffo
