I miei stupidi intenti

Un libro a cui una volta letto non smetterai mai di pensare

Il primo punto di forza del romanzo è sicuramente la scrittura: essenziale, fluida, a tratti lirica ma mai ridondante. Un mondo animale in cui si parla, si riflette, si crede e si dispera, ma senza mai dimenticare l’istinto, la fame, la paura. La natura non è addomesticata, né lo è l’animo dei protagonisti: la gerarchia animale, la violenza, il bisogno di sopravvivere rimangono sempre presenti, offrendo un’immagine spietata e reale della vita nel bosco. Uno degli aspetti più affascinanti del romanzo è la sua dimensione spirituale, si apre una riflessione profonda sul senso dell’esistenza, sul destino, sul male e sul divino. La spiritualità attraversa il racconto in modo sotterraneo ma costante, mai dogmatico, sempre interrogativo. Lo scrittore non offre certezze, ma apre crepe e in quelle crepe il lettore è chiamato a guardare. un’opera che sorprende per audacia e profondità, riuscendo a dare voce a una faina che ci guarda da uno specchio oscuro, e ci obbliga a interrogarci su chi siamo davvero. Consigliato a chi cerca nella narrativa qualcosa di più di una semplice storia: un pensiero, una ferita, una domanda che continua a bruciare anche dopo l’ultima pagina.

Un libro che parla di un animale, una comune faina, ma che pagina dopo pagina si fa più simile a un uomo che a una bestia. Affronta temi enormi con una semplicità disarmante: l’esistenza di Dio, la paura della morte, i legami familiari. È una lettura che coinvolge e sconvolge, capace di far riflettere nel profondo senza mai risultare pesante. Questo libro mi lascia dentro una domanda che non riesco a ignorare: e se fossimo proprio noi, oggi, ad aver perso la nostra umanità… per diventare più simili agli animali?