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Questo libro, secondo me, va a integrare quella linea di volumi che costituiscono la base per uno studio approfondito di quei rami di ricerca dell'arte contemporanea più utopici, audaci, sperimentali, alcuni dei quali coincidono con la vita. Dai due indispensabili di Lev Monovich con "Il linguaggio dei nuovi media" e di Anna Maria Monteverdi "Le Arti multimediali digitali", passando per "Networking" di Tatiana Bazzichelli e giungendo a "Media, new media postmedia" di Domenico Quaranta e "Arte, tecnologia e scienza" di Marco Mancuso. Insomma uno strumento di studio, di cui ho apprezzato la parte dedicata alla bioarte e all'arte e biotecnologia, con le esperienze con fini estetici di Marta de Menezes e quelle con responsabilità politica e attivista del collettivo Critical Art Ensemble; quella sulle ibridazioni intelligenti con gli esempi di Luigi Pagliarini, Marco Cadioli e Salvatore Iaconesi e Oriana Persico. Gli approfondimenti sull'opera di Eliasson (del quale a settembre inaugurerà la personale a Palazzo Strozzi) e di Tomás Saraceno. Per poi approdare sulla questione del 'paesaggio algoritmico' affrontata dai new media artist, tra cui Eva e Franco Mattes, Natalie Bookchin, Hito Steyerl, Carlo Zanni, Guido Segni, Miltos Manetas, Trevor Paglen, Jon Rafman, Chiara Passa ed altrə interessanti sperimentatorə, che ne tracciano il profilo da punti di vista differenti, ma con un comune denominatore, ovvero "entrare nel processo e in simbiosi con ciò che si cerca di guardare". Operazione quest'ultima che operata attraverso l'occhio di Antoni Muntadas, anticipatore della convergenza tra il paesaggio e quello dell'informazione con un approccio transdisciplinare, è possibile "rileggere il tutto e proiettarci oltre."
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