“Non ne potevo più di me stesso, del mio scrivere sulla guerra e sulle sue conseguenze. Desideravo fuggire verso il luogo idilliaco della mia infanzia sul fiume Una”. Così finisce - o per meglio dire inizia - il romanzo dello scrittore bosniaco Faruk Šehić e sembra proprio che l’obiettivo sia stato centrato. “Il mio fiume”, infatti, è in grado di trascinare il lettore nel profondo della vita di chi ha abitato lungo il corso del fiume Una, nella Bosnia settentrionale. La scrittura è onirica e mescola tre piani narrativi differenti: il tempo dell’innocenza e della giovinezza, il tempo della distruzione della guerra e il tempo delle macerie reali e immaginarie che dilaniano i ricordi del protagonista Mustafa Huser, poeta ed ex soldato che cerca rifugio in un paese straniero. Ognuno di questi tre momenti ci accompagna nel percorso interiore di Mustafa, a tratti malinconico, a tratti poetico e fantastico, per finire con l’essere crudo e sofferto. “Naturalmente non sono riuscito a scrivere un libro silenzioso sul fiume”, rivela l’autore e quello che ne risulta è quindi un libro che vuole farsi terapia per chi lo scrive, trasformando le armi in sogni in grado di navigare le fredde acque dell’Una in attesa dei raggi di sole che segnano l’inizio della stagione dei tuffi.
