Il ne pense qu'à ça 1967-1970

Évariste è uno dei rari esemplari di artista-scienziato. Tra i suoi simili ci sono altri come Pierre Schaeffer, laureato al Polytechnique (ingegnere ma anche padre della musique concrète) e l'eccentrico Boby Lapointe (laureato all'École centrale e inventore del sistema Bibi-binaire, brevettato nel 1968). La canzone d'autore di Évariste, gioiosa e piena di energia (anche se estremamente critica), nasconde una tragedia originale: nato nel 1943 tra i résistants, Joël Sternheimer (in arte Évariste) è cresciuto senza padre, disperso ad Auschwitz. Anche se nella sua musica fa pochi riferimenti alla cultura ebraica, le sue origini lasciano il segno: nel 1974 canta una canzone ebraica in televisione. Probabilmente ispirato dal movimento e dalla musica hippie, Joël compra una chitarra e inizia a suonare a Washington Square - dopo tutto, Bob Dylan stesso ha iniziato lì. Salta allegramente Oppenheimer e riceve un'accoglienza calorosa (anche se sorpresa) da una folla che non conosce affatto il francese. Quando l'anziano fisico gli chiede spiegazioni sulla sua scarsa frequentazione, Joël spiega quanto sia attratto dalla musica e come pensa che possa aiutarlo ad autofinanziare la sua ricerca. Pochi mesi dopo, è il maggio del '68 e tutto viene stravolto. Évariste scrive una serie di canzoni ispirate agli eventi, che sottopone immediatamente a Lucien Morisse. Quando l'autore di "Salut les copains", un tempo sposato con Dalida, ascolta la canzone "La révolution" - un dialogo tra padre e figlio - non ne può più: AZ non riesce a liberarlo. Ma Lucien Morisse compie un gesto che rimarrà impresso nella storia della musica francese: dispiaciuto di non poter essere ufficialmente al fianco del cantante, lo incoraggia ad autoprodurre il disco, ma con il suo tacito sostegno. E' l'inizio di una storia qui brillantemente documentata.