Di questo autore avevo gia' letto "L'amore malato" e "Quartetto d'archi", entrambi molto belli, mi erano piaciuti. Questo "Nel nome di Allah" l'ho trovato, se possibile, anche migliore dei precedenti. Una storia d'amore delicatissima che si snoda in uno scenario di guerra fra le piu' atroci che si possano immaginare: quella che miete le sue vittime fra una popolazione civile inerme e pacifica. L'autore si muove con grande sensibilita' e richiama il lettore a ritrovare quel senso di "umanita'" che il mondo sembra aver perso da tempo. Una storia meravigliosa, da leggere.
Nel nome di Allah
Yarmouk, sobborgo a sud di Damasco, era una casa, più che un rifugio, per i profughi palestinesi, prima che la guerra civile ne facesse un luogo di disperazione e di morte. Questo racconto non è comunque la storia di Yarmouk. Non è neanche la cronaca di un genocidio, tanto meno un saggio sulla guerra siriana, né sulla follia di uomini che si combattono nel nome di Allah, o di una fede, qualunque essa sia. Molto più semplicemente, l’autore ha cercato che le parole, quelle scritte, quelle che rimangono, parlassero di un amore. In apparenza, una storia comune, una come tante nel mondo. In realtà una storia straordinaria perché, a distinguerla dalla altre, parla di un amore nato in quel campo, a Yarmouk, fra le macerie e il dolore di una città in agonia, metafora di come la vita riesca sempre e comunque, anche nei luoghi più martoriati e dimenticati, a vincere sulle persecuzioni e la morte. Un racconto che lascia con il fiato sospeso fino all’ultima pagina, dando al lettore l’impressione di essere in quel campo, a Yarmouk, testimone oculare di una guerra terribile in cui, al di là di ogni giustificazione addotta dagli schieramenti che si confrontano, sembra essere la popolazione civile, inerme e pacifica, la vittima designata.
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Anno edizione:2018
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