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Ho bramato per tanto tempo questo romanzo, ciò che inizialmente mi ha attirato è stato il titolo, ingenuamente credevo la storia girasse intorno a un personaggio con turbe mentali e al suo modo di rapportarsi con la realtà che lo circonda. In realtà se vi aspettate che sia tutto qui dovrete ricredervi come ho fatto io, ma non per questo sono rimasta delusa. Anzi, Ha Jin mi ha lasciato senza parole. Il protagonista è il venticinquenne Jian, giovane studente universitario in procinto di candidarsi per un dottorato che lo porterebbe a Pechino permettendogli di stare vicino alla sua ragazza che laggiù studia Pediatria. Ciò che innesca gli ingranaggi del romanzo è l'improvviso insorgere di un ictus che colpirà il professor Yang, "tutore" di Jian nonchè futuro suocero, rendendolo praticamente demente. Ciò causerà non pochi problemi dato che Jian sarà incaricato di prendersene cura durante il periodo di degenza e ciò rallenterà i suoi studi per il dottorato. Allo stesso tempo la malattia darà l'opportunità di scavare nell'animo più recondito del vecchio professore sgretolando la sua apparenza di uomo circonfuso del fascino dell'intellettuale colto e "arrivato" professionalmente, con una famiglia che lo ama e una vita pienamente soddisfacente che aveva sempre ostentato. Emergerà, attraverso i suoi deliri di malato, la disperazione di un uomo intrappolato in un sistema che non gli permette di esprimersi, anzi lo reprime e lo spreme fino all'ultima goccia come un limone. Jian scoprirà l'altra faccia di un mondo, quello accademico cinese di quegli anni, estremamente chiuso nei suoi intrighi, dove bisogna scendere continuamente a compromessi e chinare il capo per andare avanti. Incomincerà a vedere nel professor Yang , ridotto a un vegetale in quel letto, tutto ciò che lui non vuole diventare, tutto ciò per cui aveva lavorato fino a quel momento inizia a sembrargli un fuoco di paglia e le sue prospettive inizieranno a mutare portandolo a dover fare delle scelte, ad uscire dalla comfort zone che si era costruito intorno e che avrebbe potuto garantirgli un futuro, agli occhi di tutti, radioso e promettente. Inoltre verranno a galla tutta una serie di altarini nella vita del professore che sicuramente contribuiranno ad umanizzarlo agli occhi del ragazzo e del lettore ma che a mio parere non erano del tutto funzionali alla trama perchè si andranno un po' a perdere, così come la manifestazione in piazza Tienanmen nei capitoli finali, sicuramente molto toccante e raccapricciante nelle descrizioni crude e cruente che l'autore ci regala, ma sembra quasi che sia un pezzo estrapolato da un altro libro e piazzato lì giusto per marcare in modo più efficace il contesto storico. La fine l'ho trovata affrettata e quasi monca, potrebbe benissimo essere l'inizio di qualcos'altro sicuramente non ti da il senso del concluso. Tuttavia mi ha entusiasmato parecchio lo stile dell'autore, l'ambientazione, i personaggi e l'intreccio generale molto coinvolgente. Soprattutto il personaggio del professore, seppure per molti versi sicuramente diversissimo, una figura più autoritaria e paterna, mi ha ricordato Stoner, la qualcosa me l'ha reso ancora più simpatico e mi ha intenerito facendomi a tratti venir voglia di entrare nel romanzo per abbracciarlo. La pazzia del titolo non riesco a ricondurla tanto alla figura di Yang ( che peraltro non è nemmeno il personaggio principale ), quanto alla madre Cina che incombe come un personaggio a sè nel romanzo, come una forza superiore che rende gli uomini meschini manovrando azioni subdole e crudeli, stimolando i sentimenti più bassi, strappando la vita di innocenti e permettendo che troppo del suo popolo viva nella miseria più estrema.
Finora il peggiore Ha Jin che ho letto. I personaggi stentano a definirsi all'interno della trama ed i fatti di Tienanmen sono trattati con troppo superficialità, quasi relegati in un angolo.
Recensioni
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