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Anno edizione: 2015
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571 p., [8] carte di tav. : ill. ; 22 cm, brossura, carta naturalmente ingiallita Molto buono (Very Good) 9788854502710.
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Angelo del Boca, nato nel 1925, è stato, a volte suo malgrado, un testimone e anche un protagonista del XX secolo e così, con l’intento di scrivere la propria autobiografia ha fatto anche di più, ci ha dato la sua personale visione dei molti eventi, spesso tragici, che hanno caratterizzato quell’epoca, spingendosi anche fino ai primi anni del 2000, per la precisione fino al 15 aprile 2008, che definisce giornata infame con l’ufficializzazione dei risultati delle elezioni politiche vinte dalla coalizione di centro-destra e, proseguo con le sue parole, “impossibile da cancellare. Fra dieci giorni è il 25 aprile, una festività nazionale che Berlusconi non ha mai onorato. Sessantatré anni fa, in un mattino livido e piovoso, componevo nella cassa la salma di Nino Botti, un partigiano ventenne assassinato dai fascisti alle porte di Piacenza”. Non è un caso se al ricordo del partigiano ucciso dai fascisti si contrappone la commemorazione della ricorrenza della liberazione che l’ex presidente del consiglio non ha mai ritenuto di onorare, e non tanto perché di destra, in quanto il significato di una lotta tragica e cruenta è pure avvertito da chi è per conservatore per sua indole e natura, ma perché evidentemente per lui la destra ha un significato ben diverso, non dissimile da quella che ha tiranneggiato il paese per un ventennio, portandolo all’orrore di un conflitto mondiale e alla tragedia di una guerra civile. Del Boca avverte chiaramente che quella libertà e quella democrazia per cui tanti si sono immolati stanno svaporando in un rigurgito di una pseudo ideologia cassata definitivamente, ma che si tende a far resuscitare. Del resto, in questo suo splendido libro, l’autore, nel ripercorrere le tappe della sua vita, offre forse maggior spazio agli eventi successivi alla fine della Seconda Guerra Mondiale, proprio perché è lì che si può vedere se con il bagno di sangue c’è stata una rigenerazione dell’umanità, una svolta decisiva verso un mondo diverso e migliore. Non è stato così, anche se il secolo scorso deve annoverare la caduta del colonialismo in Africa, senza che tuttavia gli abitanti di quel disgraziato continente abbiano potuto ritrarre benefici, e ciò perché si è verificato l’avvento del neocolonialismo con la sistematica spogliazione delle ricchezze naturali da parte delle grandi multinazionali. Fra interviste a capi di stato, ma anche a umili protagonisti della storia, fra l’analisi di un’evoluzione italiana ben presto trasformatasi in involuzione, Del Boca procede sicuro, ci racconta del suo lungo periodo come inviato speciale, di quell’amore per il continente africano che lo portò poi a diventare il più grande storico del nostro colonialismo. E’ stato un testimone scomodo, pronto a smitizzare quanto artefatto a uso e consumo delle masse, e non è quindi un caso se ha scritto Italiani brava gente?, sì, con il punto di domanda, perché se è vero che molti furono brave persone in guerra, è pure incontrovertibile che tanti, troppi praticarono l’eccidio per diletto, senza essere perseguiti, per una ragion di stato che, per quanto ineccepibile, è stata anteposta al senso dell’onore, al legittimo diritto delle vittime di ottenere giustizia. Del Boca è stato un socialista, uno di quei socialisti con la S maiuscola, come Nenni, Pertini, De Martino, autorevoli esponenti di un partito storico e rispettato, ma poi disgregato da un avventuriero che risponde al nome di Bettino Craxi. Ma se tanti sono i protagonisti in negativo di quel secolo, c’è spazio anche per quelli positivi, per uomini come il Dr. Schweitzer, o come Don Milani, o per donne come Madre Teresa di Calcutta (il servizio su di lei è semplicemente stupendo, mai retorico, intenso nella sua semplicità, in pratica un autentico capolavoro). Questo novecento svelato con i ricordi personali, con gli articoli, perfino con racconti, è un secolo che pare ancora vivo, di cui si avverte il respiro mai leggero, cento anni di grandi speranze e altrettante grandi delusioni, un lasso di tempo di cui Del Boca ci porta la sua personale testimonianza, fatta anche di partecipazione, come nel caso del periodo della Resistenza. In 592 pagine, stampate peraltro in un corpo un po’ più piccolo del normale, c’è tanto e di conseguenza la lettura richiede un tempo superiore alla media, ma non c’è da spaventarsi, poiché il vantaggio di mettere bene in evidenza ciò che di veramente importante c’è stato in un’epoca, con uno stile semplice e immediato, è tale da appagare anche il più esigente; e credo che non pochi si accorgeranno al termine che il novecento di Del Boca è stato anche il loro novecento. Bellissimo e imperdibile.
Una lunga biografia dove Del Boca ricorda e rivive gli avvenimenti e gli incontri più importanti della sua lunga carriera prima come giornalista inviato speciale e poi come storiografo. E’ molto interessante anche quando si sofferma a raccontare della sua famiglia o di avvenimenti suoi personali che non interessano la collettività perché è scritto molto bene e l’autore è molto bravo a tenere alto l’interesse e l’attenzione. Ho trovato molto interessante lo stile di inserire articoli, lettere, pagine del diario: in questo modo gli avvenimenti sono raccontati proprio nel momento in cui sono stati vissuti e non con gli occhi di chi redige un bilancio della propria esistenza dopo tanti anni dai fatti. Io sono rimasta molto colpita dai racconti drammatici del nostro colonialismo (in particolare l’uso dei gas) ma soprattutto della difficoltà ad affermare la verità storica: per 40 anni è stato accusato di falso e di essere un antipatriota, mentre quello che Del Boca voleva era solo stabilire la verità storica anche a costo di affondare il mito degli “italiani brava gente”. Ha dovuto aspettare il 1996 per sentire il Governo italiano confermare l’uso dei gas. Tutte le atrocità commesse in Africa sono sconcertanti: è una storia che non si conosce e non si vuole far conoscere e, tragedia nella tragedia, i responsabili di quei crimini non hanno pagato perché nessuna Norimberga italiana è stata fatti. Anzi: si è cercato in ogni modo di negare anche l’evidenza. Sconcertante! La pecca del libro è però un eccessivo compiacimento e autocelebrazione: alla fine lui dice di essere riuscito a non autocelebrarsi troppo e a non censurare le cose brutte e negative, ma la mia impressione è assolutamente contraria: in tutte le lettere riportate lui viene considerato bravo, onesto, le sue attività sempre un successo e anche la sua sconfitta alle elezioni è colpa di giochi politici e non di suoi errori! Non mi sembra che si sia mai messo in discussione, anzi che abbia molta considerazione di sé.
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