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La Germania nazista è alla fine ma manda i ragazzini a morire al fronte. Walter e Fiete , 17 anni, mungono mucche ma finiscono in Ungheria. Walter fa l’autista, Fiete finisce al fronte, diserta, è catturato e condannato a morte. Nel plotone d’esecuzione c’è Walter. Il figlio di Walter si interroga sui silenzi del padre consumato da interrogativi che non è mai riuscito a tradurre in parole. Cosa avremmo fatto noi al posto di Walter o di Fiete o di quelli rimasti a casa ma non per questo risparmiati dagli orrori della guerra? Cosa faremmo, se fossimo in guerra? Perché di Walter e Fiete ce ne sono ogni giorno di ogni anno. Rothmann non esprime giudizi, usa una lingua spoglia, realistica, che non ci risparmia nulla, eppure non è mai iperbolica, anzi nella misura di una esposizione quieta e precisa sta la sua violenza, la sua forza. Non c’è pathos, ma d’un tratto in quel lazzaretto ci siamo noi, ci siamo noi su quella BMW alla ricerca della tomba del padre morto nella stessa guerra, siamo noi a vedere quello che non sapremmo raccontare. Fiete riporta la teoria secondo cui le cellule hanno la memoria e quindi ai nascituri passeranno anche le sensazioni: il proiettile ferirà non solo il soldato ma anche i suoi figli non ancora nati. E Walter, disperato, chiede cosa erediteranno i figli di quelli che hanno sparato. Un grande monito, questo romanzo: non c’è nessuno che esca salvo dalla guerra, non c’è futuro che non porti segni dell’orrore, anche se continuiamo a fare finta di non vederli
La trama mi è piaciuta molto, ma credo che per l'ambientazione ed il tipo di storia andava dettagliata un po' di più. A volte si fa fatica a seguire il filo del racconto.
Gli orrori della guerra raccontati attraverso gli occhi di due amici diciassettenni, arruolati a forza nel tardo inverno del 1945 dall'esercito tedesco ormai allo sbando e spediti sul fronte ungherese, negli ultimi, crudeli e inutili sussulti di una guerra persa. Questi due ragazzi si ritroveranno catapultati nell'orrore, di libri antimilitaristi ce ne sono tanti ma questo resterà comunque nel mio cuore. Ho vissuto e sofferto insieme ai due protagonisti, ero lì con loro, a subire la crudeltà e il sadismo di cui è capace l'essere umano, in mezzo al sangue, al freddo e alla fame. Un piccolo, grande romanzo.
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