Le opere dell'uomo, i frutti della terra - Nicola Crocetti - copertina
Le opere dell'uomo, i frutti della terra - Nicola Crocetti - 2
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Le opere dell'uomo, i frutti della terra
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Descrizione


Un'antologia di poesie sulle arti con cui l'uomo, dai tempi dei tempi, si è procurato il suo nutrimento: le arti dell'agricoltura, della caccia, della pesca e dell'allevamento. Il volume è impreziosito da una serie di riproduzioni di antichi graffiti provenienti dai maggiori siti archeologici di tutto il mondo.

Dettagli

240 p., ill.
9788883063336

Valutazioni e recensioni

  • alida airaghi

    Questa antologia di poesie, con testo originale a fronte, ha come tema principale le varie modalità con cui l’uomo si è procurato il cibo, utilizzando agricoltura, caccia, pesca e allevamento, a partire dall’Antico Egitto fino ai giorni nostri. I versi d’apertura, nel loro afflato di sacralità, sono tratti dall’Inno al Nilo, databile intorno al 2100 a.C. («Signore dei pesci, che conduci moltitudini di uccelli selvatici /… tu generi le messi di grano, porti l’orzo, assicurando vita eterna ai templi, / ma se in quella stagione non ti manifesti, / allora manca il respiro a tutto ciò che esiste»); quelli conclusivi sono stati scritti da due poeti brasiliani nel 1982, e lamentano le condizioni lavorative dei braccianti nelle piantagioni di caffè. Se gli antichi poemi indiani celebrano latte e miele come l’Esodo, il nostro Virgilio glorifica l’uva, le spighe, le greggi, rendendo grazie agli dei munifici, ai Fauni e alle Costellazioni. Ovidio e Ausonio decantano l’animato brulichio di vita nei mari e nei fiumi, elencando le varie specie di pesci che vi nuotano. I raccoglitori di riso in Cina già esibivano la proverbiale propensione asiatica alla tranquillità dell’anima e del corpo, mentre Il persiano Abu Nuwas nell’800 d. C. esalta l’ubriachezza. Gnocchi, zuppa, formaggio, salsicce e polpette sono glorificate da Teofilo Folengo in pieno Rinascimento; i poeti svizzeri cantano i pascoli montani, le mandrie pasciute, le stalle; gli inglesi dell’800 onorano eleganti scene di caccia. Antonio Machado glorifica aranci e limoni andalusi; Sergej Esenin si perde malinconicamente tra i boschi e le paludi della sua sconfinata Russia; Francis Ponge ritrae con perizia pittorica la bellezza di un’ostrica. Giustamente conclude Daniele Piccini nella postfazione: «Il cibo, la fatica e la cura nel procurarselo, nel modificarlo, nel prepararlo costituiscono uno degli elementi culturali identificativi dell’uomo… Ciò che l’uomo usa come cibo, entra in una grammatica culturale, in un sistema di segni».

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