Un romanzo condito da ansia e spietatezza. Un noir a tinte forti . Neonati venduti dai genitori per essere mangiati in raffinati piatti … Curioso e terribile
Il paese dell'alcol
La metafora del cannibalismo è profondamente radicata nell’immaginario cinese. A Jiuguo, il Paese dell’alcol, essa raggiunge però una forma particolarmente raffinata e al contempo crudele.
«Il Paese dell’alcol è per molti versi una provocazione, un tassello importante della letteratura cinese contemporanea». - Neue Zürcher Zeitung
L’ispettore Ding Gou’er è sulle tracce di un orrendo traffico che consente ad alcuni selezionati ristoranti di offrire ai propri clienti un cibo prelibatissimo: la carne di neonato. Inviato a Jiuguo per verificare la fondatezza delle anonime accuse ricevute in Procura, Ding è costretto a continue libagioni nei banchetti ufficiali a cui è invitato dalle autorità locali, e, obnubilato dai fumi dell’alcol, non riesce mai a capire se quanto gli viene imbandito è veramente carne umana o una presentazione ad effetto frutto della manipolazione di altri ingredienti: le braccine che gli vengono offerte come leccornia si rivelano gambi di fiori di loto abilmente modellati dal coltello del cuoco. Nelle indagini trova antagonisti e compagni, non sempre fidati, e incontra una serie di incredibili personaggi, dalla seducente autista di camion al diabolico nano imprenditore, dal boss locale alla responsabile dell’Accademia di cucina che insegna a cucinare gli ornitorinchi, dal guardiano del Cimitero dei martiri rivoluzionari al venditore ambulante di ravioli, una fantasmagoria di personaggi che spesso sfumano nel fantastico e nel demoniaco. Nei dieci capitoli dedicati all’inchiesta, sono incastonati uno scambio epistolare tra l’autore e un aspirante giovane scrittore esperto di distillazione di alcolici, e un suo racconto breve con personaggi e vicende che rimandano o echeggiano la narrazione cornice: si viene cosí a creare un gioco di specchi tra realtà e finzione in cui Mo Yan finisce per ritrovarsi personaggio nel capitolo conclusivo che non offre né una soluzione dell’enigma né una catarsi, perché i protagonisti e i loro alter ego restano invischiati e presi in trappola, inseguendo le proprie ambizioni e i propri fantasmi e lasciandosi catturare dai meccanismi perversi del potere. Il Paese dell’alcol è forse il romanzo in cui Mo Yan dà la miglior prova di quel «realismo allucinato» che gli ha meritato il Premio Nobel. È un’invettiva contro la corruzione che pervade la società, coltivata dai funzionari al potere ma divenuta una necessità di sopravvivenza per ciascuno, in una Cina che vive uno sviluppo tumultuoso a caccia del successo e del guadagno ad ogni costo.
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Anno edizione:2015
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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Basso 16 dicembre 2024Ubriacarsi
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I libri di Mo Yan sono sempre caratterizzati da un realismo sconvolgente, ma questa volta il realismo estremo non è sostenuto da una storia che coinvolge. Il tema del cannibalismo e le descrizioni ricche di dettagli raccapriccianti respingono in qualche modo il lettore, facendo prevalere la voglia di sfuggire alla lettura del testo a quella di conoscere l’evolversi della storia. La volontà di sferrare una satira politica pungente e spietata non basta a dare un senso a questo libro, lontano dagli altri romanzi di Mo Yan.
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Marta Belfiore 26 novembre 2016
Volevo da tempo avvicinarmi alla cultura Cinese e l'ho fatto con questo libro-documento che parla della presunta consumazione di carne di feto in Cina. Il libro mette molti dubbi ma è troppo caotico, confuso e lineare. I personaggi sono antipatici e poco delineati. La storia non tiene, I dubbi mi restano ma i libro non merita di essere riletto. L'unica cosa che merita è la descrizione del piatto che viene servito all'ispettore durante le indagini, magari leggete solo quel capitolo :)
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