Papà - Régis Jauffret - copertina
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Papà
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Descrizione


Da un frammento, inverosimile e impossibile, ha origine la discesa di Régis Jauffret nell'abisso insondabile della vita di suo padre.

«Narrato con una scrittura scarna e ritmica, che sapientemente mescola realtà e immaginazione, reportage esistenziale e invenzione del vero, Jauffret in Papà scrive in bilico, su una sottile frontiera dove il verosimile, la ricostruzione dei ricordi, volutamente non diventa mai pura fiction ma si esprime nella sua complessa ibridazione» - Angelo Ferracuti, la Lettura

Uno sguardo distratto al televisore, casualmente sintonizzato su un documentario dedicato alla Francia di Vichy, ai collaborazionisti, ai rastrellamenti della Gestapo. Improvvisa, inattesa, inaudita, appare un'immagine di Marsiglia, del palazzo dove lo scrittore è nato e cresciuto, di suo padre ammanettato e portato via da due agenti nazisti. Sette brevi secondi che cambiano tutto quello che si era pensato fino a quel momento. Da questo frammento, inverosimile e impossibile, ha origine la discesa di Régis Jauffret nell'abisso insondabile della vita di suo padre. Chi era Alfred Jauffret? Perché gli è così sconosciuto? Perché di quell'uomo rinchiuso nella sua sordità e nella sua bipolarità non ha mai saputo niente? Da cosa nasce questa sua «sete di un padre»? E allora eccolo tessere, smontare, rappezzare i pochi elementi che ha per costruire il suo «papà», parola insieme tenera e spaventosa, facendoci sprofondare come in ogni suo scritto nei magnifici e terrificanti labirinti di ciò che si è veramente, di ciò che non si vuole dire, di ciò che si cerca di nascondere, anche a se stessi. Di ciò che significa scrivere, creare, rimodellare e inventare la realtà. Un inestricabile groviglio di ricordi e di fantasmi, di vero e di falso, di voluto e di negato, di indicibile e di inaccettabile, di sperato e di irrimediabile. Come il Philip Roth di "Operazione Shylock", come l'Heinrich Böll di "Foto di gruppo con signora", come il Jerome David Salinger di "Alzate l'architrave, carpentieri": uno scivolare cercando di aggrapparsi, violentemente attratti da quel buio nel quale si sa esserci forse una qualche verità che ci è inspiegabilmente eppure anche inevitabilmente necessaria.

Dettagli

22 settembre 2020
200 p., Brossura
Papa
9788867997275

Valutazioni e recensioni

  • orabarbara
    Ottimo

    Mi piace molto lo stile di scrittura di questo autore che credo sia ancora molto poco conosciuto e riconosciuto per quello che merita. In questo libro l'autore sviscera pensieri e sentimenti verso il padre, abbinando fatti, ricordi suoi e ricordi di altri, fantasie che ci possono stare. Il motivo scatenante della narrazione l’aver individuato in un documentario il volto del padre portato via ammanettato dal palazzo dove avevano sempre abitato durante il periodo fascista. Comincia ad indagare ma nessuno pare sappia niente, nessuno ricorda ma la mente è turbata, chi era davvero il padre? una spia dei fascisti? Un collaborazionista? Perché nessuno sa niente? Da li tutto arriva intorno, come un puzzle da ricomporre per definire l'esistenza di un uomo, l'infanzia, le cose fatte insieme e tutto quello che avrebbe voluto fosse.

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Foto di Régis Jauffret

Régis Jauffret

Régis Jauffret nasce a Marsiglia nel 1955. Debutta come scrittore nel 1985 con Seule au milieu d’elle. Il primo successo arriva nel 1998 con Histoire d’amour. Nel 2003, con Univers, univers, che si aggiudica il Prix Décembre, e più ancora dopo il 2005, con Asiles de fous, che vince il Prix Fémina, Jauffret diventa una delle voci più importanti della letteratura francese contemporeanea. Tra i suoi numerosi libri, ricordiamo Microfictions (2007), Lacrimosa (2008), Claustria (2012), La ballade de Rikers Island (2014), Dark Paris Blues (Clichy, 2016), Cannibali (Finalista al Prix Goncourt 2016, edito in Italia da Clichy nel 2017), Microfictions (2019, Prix Goncourt del racconto) e Il banchiere (Clichy, 2018).

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