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“Ci sono momenti fondamentali nelle nostre esistenze, momenti così forti da anestetizzare la realtà. Ma per goderne bisogna saperli riconoscere. Non buttarli via. Perché non tornano più e lasciano in bocca il gusto amaro del tempo perduto”. Una fotografia bellissima dei nostri tempi, di una Parigi e di una vita frenetiche ma allo stesso tempo meravigliose, in cui, se non l’avessimo già, dovremmo scegliere tutti un biblioterapeuta e smetterla di correre incontro al dio accumulo.
Ci vuole molta disponibilità a mettersi in gioco per poter iniziare un percorso di psicoterapia; al tempo stesso, e da un certo punto di vista, ci vuole altrettanta voglia di mettersi in discussione quando si legge, specie se si leggono classici o libri impegnati. Nel romanzo “Le parole degli altri” di Michaël Uras si uniscono queste due componenti: il protagonista, infatti, mette insieme la sua passione per la lettura e per i libri e la voglia di aiutare gli altri per inventarsi un nuovo lavoro. Quello del biblioterapeuta. Se consideriamo la parola biblioterapeuta comprendiamo che dovrebbe trattarsi di una figura che cura gli altri tramite i libri: ed è proprio quello che Alex cerca di fare, ovvero aiutare i suoi pazienti, persone in crisi e in difficoltà con se stesse, tramite letture particolari, perfette per il paziente e per il periodo vitale che sta vivendo. L’autore, infatti, mette il lettore davanti alle cartelle “cliniche” che Alex, il nostro protagonista atipico e particolare, compila per ciascun suo paziente, nel tentativo di trovare la lettura perfetta per lui: una lettura in cui ritrovarsi, con protagonisti in cui immedesimarsi. Propone un percorso di autoconsapevolezza fatto di carta e inchiostro. Il romanzo è carico di citazioni dei libri più disparati e di perle di saggezza sulla vita che solo un letterato potrebbe sfornare. Il tutto, avviene mentre Alex segue i suoi pazienti, nel continuo tentativo di condurli a risolvere i propri problemi. E nel continuo tentativo di risolvere anche i suoi. Il romanzo procede con un andamento atipico, molto lento: il suo proseguimento è simile a quello di una biografia o di un monologo molto filosofico, mentre le vicende si susseguono in maniera placida. Il protagonista stesso, infatti, sembra vivere in un momento di stasi della sua vita, in cui non gli è ben chiaro cosa debba fare. Nonostante ciò la lettura è stata piacevole, anche considerando l’ambiguità del lavoro del protagonista: bisognerebbe considerare che, per svolgere un lavoro simile, ci vorrebbero ben due lauree complete di specializzazione in lettere (per approfondire la conoscenza di tutte le tipologie di romanzi utili nelle diverse occasioni e per i diversi pazienti), ma, soprattutto, in psicologia e psicoterapia. Queste due, infatti, nel romanzo non vengono considerate, ed è chiaro che il protagonista non possiede conoscenze in tal senso, se non una spiccata sensibilità alla sofferenza altrui. Forse è proprio per questo che il romanzo mi è sembrato un po’ irrealistico: il sogno di un amante della letteratura, con il grande desiderio di utilizzarla per aiutare il prossimo. Ma, insomma, non c’è bisogno del lavoro di un biblioterapeuta per cercare una cura nei libri per la propria anima.
Ultimamente non sono molto fortunata nella scelta delle mie letture, questo libro aveva tutti i presupposti per piacermi perché il protagonista è un biblioterapeuta, cioè un terapeuta che cura i vari problemi delle persone consigliando ai suoi pazienti le letture più adatte a loro. Ma questo libro l'ho trovato leeeento dall'inizio alla fine. Il protagonista, il biblioterapeuta, è Alex, con una vita abbastanza monotona ma molto dedito alla sua professione. Alex soffre ancora per la recente separazione dalla fidanzata Melanie, che lo ha lasciato perché amava più i libri che lei. Ma le loro strade in un modo o nell'altro saranno destinate a incrociarsi nuovamente. Tra i pazienti attuali del protagonista ci sono Yann, un ragazzino che dopo un tremendo incidente automobilistico ha perso l'uso della parola e comunica solo per iscritto, e proprio per questo motivo si è isolato dal mondo intero, accudito-imprigionato dalla madre apprensiva. Alex inizia ad incontrarlo e proporgli letture che sembrano muovere qualcosa nel ragazzino. Il secondo paziente è il signor Chapman, che non riesce a staccare nemmeno un momento dal lavoro e non si gode la famiglia, ma forse non è proprio come sembra e ben presto agli occhi di Alex Chapman perde la qualifica di "signore", ma nonostante questo è pur sempre un professionista e porta avanti la sua terapia per il paziente. Abbiamo poi un paziente particolare quanto famoso, Antrony Polstra, il giocatore di spicco del calcio francese, che però è indeciso se continuare a giocare in Francia o spostarsi per cercare di vivere finalmente con la moglie ed il figlio. A tutti i suoi pazienti Alex consiglia letture che in un modo o nell'altro smuoveranno i loro dubbi e le loro azioni, ma non sempre tutto va come si è previsto. In tutto questo mettiamo in mezzo la proprietaria di casa di Alex, una donna spregevole a dire poco che passa le giornate a spiare dallo spioncino tutto quello che si muove al di fuori della sua porta. Questo libro potrebbe avere una storia carina, ma i continui riferimenti a libri ed autori, oltre ai numerosi passi letterari che accompagnano ogni azione di Alex mettono in secondo piano la storia stessa, al punto che l'autore ha dimenticato che il libro non dovrebbe parlare dei libri ma narrare la storia dei personaggi. Credo che avrebbe potuto fare molto di meglio, e sinceramente sono contenta di avere trovato questo libro in biblioteca, perché consiglio anche a voi di non spendere un euro per leggerlo. Ovviamente, questo è solo il mio parere personale, un libro che a me non prende a voi potrebbe piacere un sacco, e viceversa. Come sempre auguro a tutti voi una buona lettura, ed io vi do appuntamento alla prossima recensione librosa :)
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