Per una politica della performance. Il teatro e la comunità a venire
È possibile pensare, e praticare, una comunità immune dai limiti (etnocentrismo, identitarismo, nazionalismo) che l’hanno pesantemente caratterizzata e sempre più la caratterizzano in questi tempi bui di intolleranze e razzismi risorgenti? Una comunità che non delimiti i suoi confini ai soli aventi diritto, i cittadini, ma abbia la capacità di aprirsi all’altro, al non avente diritto, allo straniero? Sì, è possibile e praticabile. Perché il teatro lo dimostra e non da oggi, regalandoci esempi straordinari di "comunità a venire" costruite sull’accoglienza, l’ospitalità, l’inclusione, basate sull’idea e la pratica di una coabitazione non proprietaria, non discriminante, non escludente. Se uno dei grandi problemi del nostro tempo è la paura dell’altro, allora il teatro, e più ampiamente le "performing arts", rappresentano un antidoto potente al riguardo. Perché per sua natura il teatro ha a che fare con l’altro e con l’alterità, a cominciare dalla nostra, così come ha a che fare costitutivamente con la relazione e la collaborazione. Dopo la pandemia, avremo ancora più bisogno del teatro e di una politica della performance all’altezza dei nuovi pericoli e delle nuove sfide.
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Anno edizione:2020
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In commercio dal:18 maggio 2020
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