"Quella dei 'Quaderni piacentini' fu una rivoluzione di carta. Una storia di generazione e di amicizia. Nacque destinata a singoli e finì dentro le moltitudini della politica. Cominciò con un pranzo, anno 1962, mese di marzo, Piacenza. La casa era quella di Piergiorgio Bellocchio, via Poggiali, luce e libri. All'altro capo del tavolo Grazia Cherchi. Lui trentun anni, lei venticinque. Solitudine di provincia italiana. L'idea che si dovesse smuovere l'aria e la politica, "capire il mondo, provare a opporsi alle sue tendenze peggiori". Primo numero, sedici pagine dattiloscritte, cento lire. "Vogliamo sia un foglio di battaglia". Impegnato, vivo, serio. Provando "che si può essere seri senza essere noiosi. Con allegria". Le pagine di questa antologia sono un pezzo di quella storia. Da leggere non più con il cuore di allora e, com'è giusto, con occhi nuovi. Scoprendo la trama di quei giorni, la ricchezza, le illuminazioni e anche gli errori. Perché poi le donne e gli uomini fanno la storia, ma non sanno mai quale storia stanno facendo".
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