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Mostri che ridono - Denis Johnson - copertina
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Mostri che ridono

Descrizione



Soldati, spie, amici e bugiardi: in passato hanno combattuto insieme e ne hanno viste di tutti i colori... ma un fulmine può cadere due volte nello stesso posto?

«Il Dio in cui voglio credere ha la voce e il senso dell'umorismo di Denis Johnson.»Jonathan Franzen

«Uno scrittore deve scrivere in un modo che nessuno possa ignorare il mondo in cui è immerso o credersi innocente, diceva Sartre: Johnson è quel tipo di scrittore.»The New York Times

Roland Nair è di origini danesi ma ha passaporto americano ed è capitano di un'agenzia di intelligence della Nato: dopo undici anni torna a Freetown, in Sierra Leone, chiamato da un vecchio amico e compagno d'armi, Michael Adriko. Adriko è un ugandese dal fascino magnetico e minaccioso, un soldato di ventura addestrato dagli israeliani, che ha combattuto tra l'Afghanistan e le tante guerre civili africane e che adesso è inseguito dall'esercito americano da cui ha disertato. Ma i berretti verdi non sono gli unici alle sue calcagna: russi, Mossad, trafficanti d'armi, tutti cercano Adriko, ma lui cosa cerca davvero? Il motivo per cui ha chiamato Nair sembra tanto pacifico quanto, conoscendo il tipo, assurdo: sta per sposarsi. La fortunata, se cosi si può dire, si chiama Davidia, una statuaria ragazza americana tanto sensuale quanto inconsapevole dell'inferno in cui sta per cacciarsi. I tre iniziano cosi un viaggio allucinante nel cuore dell'Africa equatoriale, tra Sierra Leone, Congo e Uganda, fino alle sorgenti del Nilo, per portare la nuova fidanzata nel paese d'origine di Adriko. Ma presto Nair capisce che i progetti di Adriko sono di tutt'altra natura e, se possibile, più letali di un matrimonio: o almeno è quello che si dice del traffico d'uranio. Ma anche Nair è lì per motivi tutt'altro che chiari: perché nel caos in cui il mondo precipita veloce come un aereo in picchiata, ogni doppio gioco ne nasconde altri tre.
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Dettagli

2016
31 ottobre 2016
222 p., Rilegato
The laughing monsters
9788806224912
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Indice


Le prime frasi del romanzo

Uno


A undici anni dalla mia ultima visita l’aeroporto di Freetown era ancora una bolgia, uno di quei posti dove appoggiano una scaletta all’aereo e tu passi direttamente dalla climatizzazione europea al caldo soffocante dell’Africa occidentale. La navetta per il terminal non era male, ma non aveva l’aria condizionata.
All’interno dell’edificio, la solita folla di idioti. Scrutai le lustre facce nere, ma non vidi quella di Michael.
Un annuncio dagli altoparlanti. Si sentivano solo le vocali. Gridai sopra le teste in fila davanti al banco: – Ho sentito chiamare Mr Nair?
– No, signore. No, – gridò l’uomo in risposta.
– Mr Nair?
– Non risulta niente a quel nome.
Un uomo in abito scuro e cravatta disse: – Benvenuto in Sierra Leone, Mr Naylor –. Poi mi aiutò a uscire dal casino e chiacchierò con me mentre passavo la dogana, cosa che non richiese molto tempo perché sono un viaggiatore da bagaglio a mano. Mi condusse fuori, verso una macchina bianca pulita, una Honda Prelude. – E per me, – disse, con un sorriso ansioso, – duecento dollari –. Gli diedi un paio di monete da un euro. – Ma signore, – replicò, – non è abbastanza per oggi, signore, – e io gli dissi di tacere.
L’autista della Honda voleva qualcosa come un milione di dollari. Gli dissi: – Spensy mohnee! – e lui ci rimase male nel vedere che sapevo un po’ di krio. Ci accordammo per una dozzina. Più di così non poteva scendere perché il prezzo criminale della benzina, mi disse, gli aveva spezzato il cuore.
Al traghetto incontrammo dei disordini: una donna con un banchetto della frutta, poliziotti in uniforme celeste che le buttavano la merce nella baia mentre lei urlava come se le stessero annegando i figli. Ci vollero tre sbirri per trascinarla via, mentre la nostra macchina percorreva rumorosamente la passerella. Scesi e mi accostai al parapetto per respirare la brezza umida. A terra, le uniformi incrociarono le braccia. Uno di loro rovesciò con un calcio il banchetto ormai vuoto. La donna marciava avanti e indietro, urlando. La scena si rimpicciolì man mano che il traghetto s’inoltrava nella baia, e io attraversai il ponte per vedere Freetown venire verso di noi, un ammasso di edifici, molti dei quali cadenti, e tutto intorno una moltitudine di ombre e stracci fangosi che si trascinavano Dio sa dove, curvi sopra le loro pance vuote.

Conosci l'autore

Denis Johnson

1949, Monaco di Baviera

Nato a Monaco di Baviera, è cresciuto in Giappone e nelle Filippine prima di stabilirsi a Washington. Ha scritto otto opere di narrativa, tre raccolte di poesia e un libro di saggistica/reportage. Attento testimone della follia umana nei vari teatri di guerra, ha viaggiato e vissuto nei luoghi più caldi del pianeta.Oltre ad altri importanti premi, nel 2007 ha ricevuto il National Book Award per Albero di fumo (Mondadori 2009), ha poi pubblicato Nessuno si muova (Mondadori 2010), Train Dreams (2013), Mostri che ridono (Einaudi 2016) Jesus' son (Einaudi 2018) e diversi testi di teatro.

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