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Eros e Priapo. Ediz. originale - Carlo Emilio Gadda - copertina
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Eros e Priapo. Ediz. originale
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Eros e Priapo. Ediz. originale - Carlo Emilio Gadda - copertina

Descrizione



Nel compiere questa impresa - notificare il male e indicare la via di una possibile rinascita Gadda non poteva che ricorrere a una lingua sontuosa e abnorme, che gareggia in audacia e insolenza con Porta, Belli, Aretino - e che la versione originale ci rivela ancor più violenta, sboccata e oltraggiosa.

«Pervenne a far correre trafelati bidelli a un suo premere di bottone su tastiera, sogno massimo dell'ex-agitatore massimalista. Pervenne alle ghette color tortora, che portava con la disinvoltura d'un orango; ai pantaloni a righe, al tight, al tubino, ovverosia bombetta, ai guanti bianchi del commendatore uricemico: dell'odiato ma pazzamente invidiato borghese. Con que' du' grappoloni di banane delle du' mani che non avevano mai conosciuto un lavoro: e gli pendevano giù dai fianchi senza saper che fare, davanti il fotografo, come i ditoni dieci di certi negri inguantati.»

Scritto fra il 1944 e il 1945, respinto come «intollerabilmente osceno» da prestigiose riviste (con l'eccezione di «Officina», che ne accoglie una sezione fra il 1955 e il 1956) e pubblicato solo nel 1967 in una redazione drasticamente rimaneggiata ed edulcorata, Eros e Priapo ci appare oggi, grazie alla scoperta dell'autografo, nella sua autentica fisionomia: vituperante invettiva contro Mussolini – il Priapo Maccherone Maramaldo –, la sua foja di sé medesimo, le sue turpi menzogne, la sua masnada predatrice e la sua claque di femmine fanatizzate, certo. Ma, insieme, freudiano trattato di psicopatologia delle masse, autobiografia di un'intera nazione, micidiale requisitoria contro ogni abdicazione ai princìpi di Logos (cioè alla ratio e alla coscienza etica) e contro i tiranni di ogni tempo. E, soprattutto, vibrante monito a guardarsi dalle degenerazioni di Eros ‒ responsabili dei comportamenti della banda assassina così come dell'idolatria della moltitudine-femmina nei confronti del Gran Somaro Nocchiero ‒, a raffrenarle, a sublimarle in un impeto eroico o «impeto-disciplina». Nel compiere questa impresa – notificare il male e indicare la via di una possibile rinascita – Gadda non poteva che ricorrere a una lingua sontuosa e abnorme, che gareggia in audacia e insolenza con Porta, Belli, Aretino – e che la versione originale ci rivela ancor più violenta, sboccata e oltraggiosa.
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Dettagli

2016
27 ottobre 2016
464 p., Brossura
9788845931161

Valutazioni e recensioni

Recensioni: 4/5

Gadda maturò l'idea di questo libro sotto la spinta della paura e della rabbia. Aveva dato credito a Mussolini inizialmente. Per via dello "spirito di Caporetto", che la terribile esperienza della guerra raccontata nel bellissimo Giornale di guerra e di prigionia gli aveva insufflato. E anche per un innato bisogno di rassicurazione e di protezione. Poi si era allontanato. Però, alla vigilia della liberazione, lui che viveva di paure, che aveva l'ossessione della minaccia, temeva, se non l'epurazione, di essere additato. E insieme bolliva di rabbia per esserci cascato. Ed era incazzato perché sentiva di aver paura. E poi lo era ancor di più per esserlo con uno come Mussolini (segue la più fantasiosa sfilza di epiteti che si possano appioppare). Ne venne fuori uno sfogo, una genialità di una violenza furibonda, disperata. Gliela bocciarono per troppa volgarità. Poi lui passò ad avere un'altra paura, quella di aver esagerato. E si mise a tagliare, limare, smussare. La nuova edizione di Adelphi ce la restituisce nella sua integrità. L'esplosione linguistica con cui è scritta è da sciarada stromboliana di notte. Spettacolare ed esilarante. Intanto, inventa, deforma, ripesca, adatta, mette in cortocircuito pezzi di vocabolari e se ne fabbrica un altro, con le sue regole, una sua precisione, una sua rigorosa esattezza di significati. Questo c'è in tutto quello che ha scritto Gadda, persino nell'ordine di servizio che scrisse per i cronisti quando lavorava in Rai (bellissimo), ma qui è tutto caldissimo, tutto allo stato lavico. Aspro, tecnicamente difficile da avvicinare, ai limiti del respingente; ma, ad avvicinarsi, con lentezza e cautela, per non perdere le sfumature (lì sta il piacere estremo), di una potenza abbagliante.

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Recensioni: 4/5

Non l'apparato critico ne' le note (loca citata piu' che vere e proprie note), svelano chi si cela dietro lo pseudonimo, mentre gli altri personoggi sono facilmente riconoscibili, per esempio le 2 bassaridi... Il testo (trattato, zibaldone, pamphlet...) e' un miscuglio godibilissimo di letteratura classica, scientifica (era ingegnere elettrotecnico), storicistica. I rferimenti medici: psicologia, endocrinologia, andrologia, ginecologia, anatomia sono tuttora validi: morbo di Basedow, sindrome di Froelich, persino le colorazioni dei vetrini istologici fucsina (non dal tedesco fuchs volpe ma da fucsia colore) ed eosina corrispondono a quanto studiato e praticato in istologia (manca il violetto di genziana per la triade perfetta), l'etimologia: eros (epsilon) ed eros (eta) non derivano dalla stessa radice ma sono funzionali all'assunto. La psicologia delle masse e' esemplficata dai piccoli gerarchi e dalle marie luise con riscontri scientifici. Il linguaggio e' poi un caleidoscopio di dialetti con prevalenza del fiorentino, romanesco, poco milanese, qualche parola romagnola, due venete: malorsega e mona ( con due accezioni: organo genitale femminile ed il traslato uomo stupido) forse apprese nelle trincee del Carso e dell'Adamello. E' un opera che sfugge ad ogni definizione e che va affrontata con un repertorio di vaste conoscenze per poterla gustare a pieno, persino i particolari, i tacchi col rialzo interno del kuce, sono tornati d'attualita' in anni recenti, ed oltreoceano e' comparso un epigono... la storia si ripete, ma diventa tragica farsa! P.S se un eventuale lettore di questa recensione mi chiarira' chi si cela dietro lo pseudonimo Medardo Fanfarani, gliene saro' perennemente grato.

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Carlo Emilio Gadda

1893, Milano

Carlo Emilio Gadda è stato uno scrittore italiano. Fece tutti i suoi studi a Milano, fino a quelli di ingegneria. Combattente nella prima guerra mondiale, fu fatto prigioniero e trasse da queste esperienze un Giornale di guerra e di prigionia, pubblicato più tardi (1955). Negli anni Venti svolse la professione di ingegnere, in Italia e all’estero, collaborando nel frattempo alla rivista fiorentina «Solaria», nelle cui edizioni pubblicò gran parte delle sue prime opere narrative: La Madonna dei filosofi (1931) e Il castello di Udine (1934). Da Milano, dov’era tornato a stabilirsi, si trasferì nel 1940 a Firenze, e qui risiedette quasi ininterrottamente fino al 1950. Visse da allora a Roma, dove lavorò per il terzo programma radiofonico...

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