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Anno edizione: 2013
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Gli atti di violenza di cui sono vittime le donne e in particolare gli omicidi hanno assunto nel nostro paese una dimensione preoccupante, tanto che si impone la necessità di analizzare il fenomeno e le sue cause, in particolarmente l’analisi psico-sociologica degli uomini che li commettono, e ciò per arginare il fenomeno, se non addirittura per risolverlo alla radice. Si assiste infatti a un andamento involutivo che porta il maschio a considerare la propria compagna un semplice oggetto di sua proprietà, su cui sfogare le proprie frustrazioni e su cui imporsi solo con la forza. Marilù Oliva, scrittrice bolognese, si è fatta portavoce di questa ormai indifferibile esigenza, coinvolgendo altri 39 narratori, e curando l’edizione per Elliot di un’antologia di trentotto racconti che hanno per tema la violenza sulle donne. Se il fil rouge obbligato consente di avere un’uniformità di svolgimenti, presenta tuttavia il limite dato da una certa ripetitività che a volte può stancare, anche se fra gli autori chiamati in causa ce ne sono alcuni assai famosi. Insomma, il tema è unico, mentre il modo di svolgerlo dovrebbe essere alquanto diverso da lavoro a lavoro, e in parte lo è, presentando tuttavia sovente una comunanza di stesura che non giova di certo alla gradevolezza della lettura. Non è così, per fortuna, per tutti i racconti, poiché per alcuni l’idea e la realizzazione presentano originalità che non possono non passare inosservate e che conferiscono valore a questo libro. Mi riferisco a Chiara, di Andrea Cotti, un interrogatorio di un uomo che ha ucciso la moglie in stato interessante, in cui si passa dal freddo rigore procedurale all’emozione di un Pubblico Ministero donna che pure lei è incinta. La scrittura è misurata, mai enfatica, composta con un tono di distacco che non solo non banalizza, ma che accresce la valenza di una trama che ha una sua spiccata originalità. Di grande effetto poi, nella testimonianza “postuma” della vittima, è Pensieri sull’acqua, di Andrea Novelli e Gianpaolo Zarini; ben scritto, appare come un flash back nel flash back, ma senza che ci siano cadute e appesantimenti in quella che finisce con il diventare una bella prova di stile. Che dire, poi, di Ciao mamma, di Marco Proietti Mancini? E’ l’allucinante resoconto della violenza sessuale subita da due donne, poi brutalmente uccise, raccontata in prima persona da una delle vittime, come una lettera di addio alla mamma; sa alternare momenti brutali ad altri toccanti, in un raro e perfetto equilibrio. E poi c’è un racconto che è quello che più mi ha colpito per l’originalità, per le felici intuizioni e perché l’autore ha saputo evitare inutili retoriche, tanto che, pur non essendo strappalacrime, muove a una sofferta commozione. Il brano s’intitola Lettera a Laura, di Milvia Comastri, una lettera mai spedita, uno sfogo di chi l’ha stilata per un’amica che ha lasciato, pure lei vittima di un uomo, questo nostro mondo. Di più non dico, ma invito a leggerla, come invito a leggere anche l’intera antologia, perché le notizie di violenze che appaiono sui giornali ci restituiscono solo volti anonimi, ci descrivono il dopo, il ritrovamento del cadavere, magari con un accenno alla vita tormentata della vittima; qui ci è dato di conoscere il prima, l’angoscia, i nervi a pezzi, la disperazione, un lungo e crudele calvario di cui la morte è solo l’atto finale e forse liberatorio da un’esistenza che non è vita.
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