Quer pasticciaccio brutto de via Merulana - Carlo Emilio Gadda - copertina
Quer pasticciaccio brutto de via Merulana - Carlo Emilio Gadda - copertina
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Letteratura: Italia
Quer pasticciaccio brutto de via Merulana
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Descrizione


Roma durante il fascismo. Il commissario di polizia don Ciccio Ingravallo è incaricato di svolgere un'inchiesta su un furto di gioielli avvenuto al 219 di via Merulana, una via popolare nel cuore di un vecchio quartiere. Nella casa abitano due amici del commissario: i coniugi Balducci, dai quali è solito andare a pranzo nei giorni festivi. Per lo scapolo don Ciccio Liliana Balducci è l'incarnazione della dolcezza e della purezza femminile. Un mattino, Liliana viene selvaggiamente assassinata nel suo appartamento: il furto dei gioielli e l'assassinio sono opera di una stessa persona? Da questi episodi prende il via il romanzo gaddiano, che, apparso in "Letteratura" nell'immediato dopoguerra, fu scritto a Firenze nel ricordo di un lontano soggiorno nella capitale (1926-27). Basandosi su un reale fatto di sangue, Gadda costruisce un intrigo poliziesco che gioca su un duplice registro: può essere letto, infatti, come eco del mondo e come bricolage letterario.

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Dettagli

XVII-275 p., Rilegato
9788811683391

Valutazioni e recensioni

  • La grandezza del libro non é solo nell'essere un esercizio di stile pazzesco, ma nel fatto che lo stile e la ricchezza narrativa ci raccontano e danno l'atmosfera di un mondo, di una storia, di una miriade di personaggi che si integrano benissimo in questo universo letterario dell'autore, ma risultano anche e assolutamente veri e credibili. Ha saputo inserire gli stilemi del noir nel colore locale, romano e italiano, senza che sembrasse un genere e un mondo distanti e non integrabili tra di loro. E con quel linguaggio, quella storia e quei personaggi, ha raccontato quell'intreccio malsano che era lo spirito popolare al tempo del fascismo e subito dopo. Perché non dimentichiamoci che quella é l'epoca di ambientazione del libro, e invece di parlarne direttamente, Gadda lo inserisce come uno sfondo sul quale si dipanano storie personali, di un bestiario umano, italiano, popolare, che ancora al tempo era un misto di italia pre-unitaria, di colonizzazione piemontese e di regime dittatoriale, con tutto il nuovo (e il vecchio travestito da nuovo) che si portava con se e provava a nascondere dietro ad un'ufficialità che certo non contemplava le miserie umane che troviamo nel libro, ma proprio di questi individui e delle loro miserie alimentava il proprio consenso. Raccontandoci una realtà complessa, sfuggente, sfaccettata e multistrato, dove i gialli (a dispetto del positivismo del regime) non sempre trovano una soluzione.

  • ANDREA GARAVINI

    Non è nemmeno così sicuro che si possa poi definire un giallo, questo romanzo di Gadda. C'è una storia, un delitto, la ricerca del colpevole, ma il tutto resta irrimediabilmente sullo sfondo. Tutto viene travolto da un diluvio di parole, di frasi, di parentesi, di descrizioni, di osservazioni e di considerazioni, senza quasi soluzione di continuità, tanto che non c'è mai tempo di domandarsi chi possa essere stato l'autore dell'omicidio. Non si può non restare affascinati dall'uso della lingua, si resta senza fiato per lo stupore (ma anche per la fatica), ci si perde nel flusso continuo di una prosa così travolgente e magnifica da divenire quasi insostenibile.

  • Enrico Caramuscio

    Nella Roma del ventennio non c’è spazio per la criminalità. L’opera di moralizzazione dell’Urbe portata avanti dal “Testa di Morto in tight” prevede l’estinzione di ladri, assassini, truffatori e compagnia bella. Ma un duplice pasticciaccio rischia di infangare la riuscita del programma del “Mascellone”. Nell’inverno del 1927 infatti in via Merulana succedono a breve distanza due fatti criminosi, nello stesso palazzo e addirittura sullo stesso pianerottolo. Prima avviene un furto a colpi di pistola in casa della contessa Menegazzi, quindi viene brutalmente assassinata la sua dirimpettaia, la distinta e affascinante signora Liliana Balducci, grande amica e inconfessato amore del dottor Francesco Ingravallo, comandato alla mobile. E proprio a lui, don Ciccio come tutti lo chiamano, viene assegnato il compito di condurre le indagini, per scoprire i colpevoli e mettere a tacere l’opinione pubblica per la gioia del “nuovo inquilino in fez di palazzo Chiggi”. Ma non sempre le ricerche portano alla scoperta della verità. Coerentemente con la sua visione del mondo basata sulla inesplicabilità delle vicende umane, Gadda lascia questo giallo insoluto, così come insoluti risultano gli sforzi dell’uomo per venire a capo della complessa matassa della vita. Vediamo quindi i vani tentativi di don Ciccio di districarsi in questo ingarbugliato “gnommero” , tra cugini incantatori, ingegneri dal palato fino, garzoni sospetti, elettricisti latitanti e ragazze sedotte e abbandonate. Ma il buon Ingravallo appare svogliato e rassegnato nella conduzione dell’indagine, un po’ per la palese inanità della sua ricerca, un po’ per la scarsa voglia di lavorare al servizio di un governo scellerato. L’autore mette in secondo piano l’aspetto giallo della storia, esponendo invece la sua disillusa concezione della vita, ironizzando sulla condizione umana e affondando stoccate sul regime e sul suo fanatico leader. Ma la sua idea di inestricabilità del mondo sembra ricadere anche sulla prosa che risulta arcigna e fin troppo articolata, rendendo ostica e pesante la lettura. A ciò vanno aggiunte le lunghe disquisizioni in stile barocco su argomenti avulsi dal contesto e per niente interessanti come ad esempio l’importanza degli alluci nell’iconografia sacra. Gradevole invece, anche se a volte di difficile interpretazione, il ricorso a pittoresche espressioni dialettali e a folkloristici personaggi popolari come ad esempio sora Manuela o la Zamira, sarta, lavandaia, ristoratrice, indovina, meretrice e maitresse, che danno un’idea colorita e realistica di una capitale e di una nazione a cui, nonostante le difficoltà dell’epoca in questione, non si può che guardare con simpatia.

Conosci l'autore

Foto di Carlo Emilio Gadda

Carlo Emilio Gadda

1893, Milano

Carlo Emilio Gadda è stato uno scrittore italiano. Fece tutti i suoi studi a Milano, fino a quelli di ingegneria. Combattente nella prima guerra mondiale, fu fatto prigioniero e trasse da queste esperienze un Giornale di guerra e di prigionia, pubblicato più tardi (1955). Negli anni Venti svolse la professione di ingegnere, in Italia e all’estero, collaborando nel frattempo alla rivista fiorentina «Solaria», nelle cui edizioni pubblicò gran parte delle sue prime opere narrative: La Madonna dei filosofi (1931) e Il castello di Udine (1934). Da Milano, dov’era tornato a stabilirsi, si trasferì nel 1940 a Firenze, e qui risiedette quasi ininterrottamente fino al 1950. Visse da allora a Roma, dove lavorò per il terzo programma radiofonico...

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