La «quota» dello sviluppo. Una nuova mappa socio-economica della montagna italiana
Le aree montane rappresentano un peso negli itinerari di sviluppo e di modernizzazione del Paese? Sono territori incapaci di autosostenersi e privi di un loro futuro autonomo? Drenano le risorse generate da altri territori? La risposta è negativa e viene da un'analisi approfondita del valore aggiunto generato nei comuni italiani. È ben vero che se prendiamo un indicatore importante come lo spopolamento i dati sono preoccupanti: dal 1951 ad oggi la popolazione italiana è aumentata di 12 milioni di persone, mentre quella dei comuni montani è diminuita di 900 mila. Tuttavia questo non significa che montagna sia sinonimo di marginalità. I dati di una ricerca promossa e realizzata da tsm-Trentino School of Management e Censis dimostrano il contrario. La montagna presenta performance inaspettate e si caratterizza non come un territorio che tende a riprodurre i dati delle regioni di appartenenza, ma come uno "scrigno" di elementi di qualità e di distinzione. La montagna non solo basta a se stessa quando le si concede di esprimere a pieno questi valori, ma è utile al Paese in una logica di distribuzione equilibrata dei pesi insediativi e di scambio reciproco di elementi differenziali con le grandi aree urbane.
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