Rebelator

Gli hard rocker del Missouri, Shaman's Harvest, hanno sviluppato questo progetto durante la pandemia mondiale che ha debilitato l'intera industria musicale. "Questo è stato il disco più difficile che abbiamo mai realizzato, su tutti i fronti", afferma il cantante Nathan Hunt. Ma la strada per "Rebelator" è stata ancora più rock di quanto la band si aspettasse: disastri naturali, incubi logistici, un caso estremo di blocco dello scrittore collettivo. "Abbiamo faticato per tutto il percorso", aggiunge Hunt. “È stato sicuramente un processo interessante.” Fortunatamente, hanno avuto il tempo dalla loro parte. Dopo un paio di anni estenuanti di tournée con il loro ultimo album, "Red Hands Black Deeds" del 2017, gli Shaman's Harvest sono stati svuotati dal punto di vista creativo e personale. Così, i membri fondatori Hunt e Hamler, insieme al chitarrista Derrick Shipp e al batterista Adam Zemanek, hanno premuto forte il pulsante di reset, impiegando sei mesi per la creazione dei demo nella loro sala prove di Jefferson City. Gli Shaman's Harvest hanno perseverato, ovviamente, arrivando al loro album più ricco e completo fino ad oggi, una progressione naturale da "Red Hands Black Deeds", "Smokin' Hearts & Broken Guns" del 2014 e "Shine" del 2009, che conteneva il singolo di successo "Dragonfly". In linea con lo spirito di quegli ultimi tre album, la band mirava, nelle parole di Hunt, ad andare oltre la formula rock-metal contemporanea per aggiungere stranezze agli arrangiamenti. "Siamo riusciti a sgranchirci un po' le gambe", dice Hunt. "Non vogliamo limitarci quando siamo in studio", interviene Hamler. “Vogliamo provare le cose o rischiare e trovare un modo per farle funzionare. Siamo tutti artisti e niente distrugge l'arte come la monotonia".