Un requiem beffardo: Domingos Bomtempo, S. Il Nobel privato, s. l., Cavallo di Ferro, aprile 2011. La paternità intellettuale (intellettuale per modo di dire) di questo libro, che nella sopraccoperta viene cautelarmente presentato come un romanzo - cosa che non è affatto -, è attribuita ad un fantomatico Domingos Bomtempo, pseudonimo palese con il quale si fa il verso al Domingos Mau-Tempo di Una terra chiamata Alentejo (ma anche all’omonimo compositore e musicista dei primi dell’Ottocento). Su queste cautele avrei ancora qualcosa da aggiungere, ma preferisco passare subito all’analisi sommaria del testo, iniziando dall’ultimo capitolo, il 16°, che si conclude con la morte del protagonista, l’unico Nobel portoghese per la letteratura, José Saramago: una morte che invero è già avvenuta, quasi un anno fa. Il modo come il personaggio Saramago viene braccato - a tutti gli effetti sembra proprio un caso di stalking - lungo le pagine del preteso romanzo, fino al momento in cui lo si fa morire una seconda volta, mi dà la forte impressione di trovarmi di fronte ad una sorta di vendetta postuma, escogitata da menti tanto perverse quanto meschine: il tipo di rivalsa frustrata, di accanimento isterico, inutile e, in fondo, del tutto impotente, che in portoghese viene giustamente detto bater em mortos (picchiare i morti). Chi ha scritto questo pamphlet spudorato contro la memoria dello scrittore di Azinhaga conosce maluccio la sua opera e ancora meno la sua vita, altrimenti non avrebbe limitato i riferimenti maligni ai suoi scritti a tre o quattro dei molti libri che ci ha lasciato e non avrebbe ripetuto in continuazione le stesse calunnie generiche, come una portinaia piena di voglia di offendere ma a corto di “materia prima”, cioè di informazioni, di dati concreti su cui ricamare; e dotata, al contempo, di un’immaginazione talmente arida che non le permette neppure di inventarsi quello che non le è dato sapere. In una veloce carrellata attraverso i precedenti 15 capitoli - e, fidatevi, non meritano di più -, “la portinaia mannara” ci presenta un Saramago assolutamente improbabile per chi l’abbia conosciuto minimamente: un impotente sessuale sin dalla gioventù, imbranatissimo con le donne, cornificato in continuazione dalla seconda moglie e permanentemente ossessionato dal suo “grande rivale” letterario, António Lobo Antunes, nonostante il Nobel che, in principio, l’avrebbe dovuto mettere al riparo da tali debolezze. A Saramago e a Pilar del Río non sono risparmiate le messinscena in cui sono protagonisti, loro malgrado, di episodi boccacceschi o piuttosto porno-trash; ma lo stesso tipo di fango mefitico viene gettato anche sui genitori di Saramago, e non voglio neppure sporcarmi (di più) la bocca con il racconto di simili viltà. Quello che merita risalto è il fatto che questo tristo esemplare acculturato di “portinaia mannara”, che non rispetta uno scrittore da poco deceduto, che non rispetta la sua vedova e neppure gli umili genitori di lui, deceduti, essi, tanti anni fa e ben lontani dalle glorie del mondo, abbia ancora litri e litri di bile da versare e che questi pochi bersagli, quasi tutti ormai inermi (ma non proprio tutti, dunque mi sa che presto troverà pane per i suoi denti), non bastino a farle scaricare il livore che si sente bollire dietro ad ogni sua parola, un livore che non si accontenta di un oggetto preciso e che anzi, continuando a crescere a dismisura, diventa quasi onnivoro: ce n’è, dunque, anche per Lobo Antunes, per Tabucchi, per Moravia etc. Gli strali si riducono sempre, però, a scemenze che farebbero pena se non facessero ribrezzo: Lobo Antunes è matto da legare e, per di più, è un piscione incontinente e compulsivo, Tabucchi scrive solo libricini striminziti e gli editori si devono scervellare per gonfiarli (non è vero e, anche se lo fosse, è la stessa critica che un mafioso semianalfabeta avanzava sui libri di Sciascia); e, come se non bastasse, ha ancora dei baffettini “da fascista” (!), e via di questo passo - risparmiamoci, almeno noi, un po’ di schifezze e di castronerie... Quali settori del pubblico lettore potranno eventualmente venire ad interessarsi ad una simile successione di invenzioni maligne, di trivialità e di segreti da pulcinella, scritti “da cani”, per di più? Aspiranti scrittori affetti da mediocrità congenita, ambiziosi frustrati, furbetti inappagati e invidiosi di ogni risma ci andranno - probabilmente - a nozze; ma non saranno, forse, neanche tanti. La cosa più sorprendente è che un settimanale considerato “di sinistra”, «L’espresso», abbia dato copertura ad una simile colata di liquame, con un entusiastico “servizietto” di due pagine intere: Angiola Codacci-Pisanelli (caposervizio delle pagine culturali), “Saramago desnudo”, «L’espresso» datato 14 aprile 2011 (la data è “una furbata”, essendo il n° in questione uscito l’8 aprile), pp. 126-7. Ancora più sorprendente, se possibile, il fatto che vi si attribuisca la paternità di questo sputacchio letterario ad uno scrittore rispettabile come José Luís Peixoto... Ma si rende conto, la sig.ra Codacci-Pisanelli - che poi lavora per «L’espresso», mica per «Panorama» - di quello cui si è prestata, della bassezza delle manovre (commerciali e “squadristiche”) cui ha dato man forte? Può darsi che mi sbagli, ma non credo neppure che una simile deiezione letteraria sia stata scritta originariamente in portoghese per venire poi lanciata “nella sua versione italiana”, in «anteprima mondiale», come viene strombazzato nella sopraccoperta. Malignità per malignità, come autore probabile di un tale scempio (letterario e morale) ci vedrei piuttosto il Claudio Toscani che fulminò la salma di un Saramago appena spirato, dall’alto delle candide pagine dell’«Osservatore Romano», con il più vile dei necrologi, o la comproprietaria della furbissima casa editrice luso-italiana (o italo-lusitana) dell’infame libello, Romana Petri, o un qualsiasi tirapiedi del pur vendicativissimo Berlusca (non dimentichiamo i guai di Saramago con la ormai berlusconiana Einaudi, a proposito delle sue “pagine infuocate” sul primo ministro italiano)... Un libro talmente cretino che difficilmente avrebbe potuto essere scritto da un solo imbecille, quasi di sicuro ce ne sono voluti almeno due! Forse uno di questi ipotetici imbecilli è portoghese e l’altro italiano: in effetti ci sono errori nei riferimenti in portoghese e apprezzamenti (quasi razzistici) sulla gente lusitana che sembrano caratteristici di uno straniero che “mastica” la lingua e “bazzica” il paese; e non mancano neppure gli svarioni d’italiano, attribuibili ad un redattore portoghese - affiancato da un revisore linguistico italiota che o è linguisticamente poco competente o si è fatto delle gran dormite - piuttosto che a una fantomatica Joana Clementi, presunta traduttrice di questo spurgo novellistico nella lingua di Petrarca. Pisa, 19/4/2011 Arlindo José Nicau Castanho
S. il Nobel privato
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S. è portoghese, vive la sua vecchiaia su una ventosa isola spagnola ed è l'unico premio Nobel per la Letteratura del suo paese. Questa però non è certo una biografia qualsiasi, tutt'altro. Qui il celebre scrittore diventa il sardonico protagonista di una storia davvero spiazzante, popolata dai personaggi dei suoi romanzi: figlio di Baltasar Sette-Soli e Blimunda Sette-Lune di Memoriale del Convento, S. incontrerà "molto da vicino" vedove, educande e cieche uscite dalla sua penna nel mondo reale. E da quell'isola, aspettando il ritorno della giovanissima moglie, che lo ha lasciato solo per andarsene a una delle solite feste licenziose, S. ripercorre in una notte le tappe della sua vita, nella quale il Nobel fa da trofeo e riscatto di ogni sofferenza. Compiaciuto e un po' crudele, racconterà i retroscena della vittoria del suo indimenticabile premio, lanciandosi persino, qua e là, nel pettegolezzo letterario. Ce l'ha con il suo antagonista di sempre, quello che per lui rimarrà "il secondo scrittore portoghese", ma ce n'è anche per molti altri, e senza nessun riguardo, proprio senza freni. Questo divertissement dell'anonimo Domingos Bomtempo - nome dietro cui può celarsi chiunque - si rivelerà un gioco letterario per gli amanti del premio Nobel e una lettura straordinaria per chi apprezza la scrittura che trasuda non solo intelligenza ma anche vigore.
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Anno edizione:2011
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ARLINDO JOSE' NICAU CASTANHO 19 aprile 2011
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