Da quando ho finito Sadly But Mine, faccio fatica a tornare coi piedi per terra. È il primo romanzo di Aurora Di Perri, e non è solo un romance o una storia LGBTQ+: è un viaggio intimo, doloroso e autentico dentro le fragilità umane.
La scrittura di Aurora è tagliente ma gentile, ironica, mai retorica, sempre capace di colpire nel segno. Ti sembra quasi che ti parli all’orecchio, con quella confidenza cruda e vera che solo chi ha vissuto certe emozioni può permettersi. Ma il vero punto di forza del romanzo sono le voci dei personaggi, così nitide e vive che sembrano respirare sulla pagina.
Marcus è brillante, ironico, disarmante, ma anche profondamente umano. La sua forza è tutta una facciata: sotto, c’è un ragazzo che si nasconde, che lotta con se stesso, che ha paura di scegliere. Il suo percorso è lento, sofferto, ma reale. E tu, da lettore, non puoi fare a meno di tifare per lui anche quando sbaglia.
Jonathan è il contrario: maturo, elegante, controllato. Ma anche lui nasconde ferite profonde. Dietro l’apparente sicurezza, c’è un uomo stanco, che vorrebbe solo essere visto per ciò che è. E sceglie, con coraggio silenzioso, di lasciarsi andare.
La loro relazione è il cuore del romanzo: intensa, tesa, mai banale. Non è un amore facile, è uno specchio. Si cercano, si scontrano, si completano non per colmare una mancanza, ma per rivelarsi a vicenda. Insieme riescono a toccare parti di sé che da soli non avevano il coraggio di affrontare.
Sadly But Mine è un romanzo che scava, che accoglie, che resta. Parla di identità, desiderio, vergogna e libertà. E parla anche un po’ di noi: di chi ha avuto paura di scegliere… e ha scelto comunque.
