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La storia del nostro paese e del mondo raccontata dagli occhi di chi l'ha vissuta. E per capire anche cosa ci sia dietro un lavoro così importante e difficile. È stato un piacere leggerlo e conoscere l'autore nella libreria Feltrinelli
“Racconti di un inviato”: il sottotitolo potrebbe trarre in inganno, decisamente. Santità faccia finta di pregare, di Giorgio Moscatelli, non è l’abituale racconto di un reporter di guerra: è un racconto che, dopo l’attraversamento di catastrofi umane, lascia spazio a una grande vena di ironia, tratto saliente del suo autore. Moscatelli, attraverso gli aneddoti di una vita da semplice cineoperatore prima per arrivare a redattore cineoperatore poi, dunque giornalista, traccia un sommario di guerre ed esperienze di vita. È la vita che scorre su queste pagine, quella vita che affiora silenziosa e pulsante nelle battute impreviste che concludono ogni vicenda, come fulmen in clausola che sovverte ogni sentimento. E’ un libro che dà forti emozioni, non da ultima quella di sentire narrate le vicende che hanno accompagnato quelle riprese che rimarranno indelebili nella nostra mente, che ci hanno permesso di conoscere il mondo in quel modo così personale: Golda Meir; il terremoto in Irpinia con il cinismo del telegiornale; il tragico spettacolo di Beirut; le immagini di Azzurra che solcava i mari con le vele spiegate; l’aereo di Sigonella o le operazioni di Desert Storm; le case alluvionate del Polesine; il ricordo di Sarajevo, ironicamente commentato dallo show di Carmen Russo; la tragedia di Chernobyl. Non, dunque, la solita lettura di un viaggio da reporter, ma tanta umanità e soprattutto realtà, che accompagna e condisce una profonda riflessione sul senso del giornalismo oggi e sulla notizia in sé, perché, come dice Moscatelli, […] ogni giorno ci vuole una notizia fresca, nuove vicende da raccontare per battere la concorrenza. Ma il vero giornalista è anche colui che sa dire basta, colui che umanamente ha voglia di una pausa e di tornare a casa.
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