Comincio dicendo che questo libro è davvero degno di nota, è un giallo avvincente, ben scritto e con una buona trama: tutto inizia da un giovane, Lorenzo che, tramite un’agenda lasciatagli da suo zio, ormai defunto, decide di fare luce sulla vita del suo vicino parente. La storia viene portata avanti contemporaneamente dal punto di vista di più personaggi, cioè con vicende parallele e anche con salti temporali, dando vita a una trama davvero complessa (nonostante questo, non ho trovato errori). Non mancano i colpi di scena e il coinvolgimento personale del commissario Scozia, chiamato a scoprire lo svolgersi dei fatti; il finale è molto buono. Lo stile è curato, preciso anche nei discorsi diretti e nelle descrizioni.
Il segreto di Ascanio
Quale segreto si nasconde tra le pagine di un'agenda che Ascanio ha lasciato in eredità al nipote Lorenzo? E cosa nasconde la vita di Lucrezia, una bella gallerista di Bologna che viene trovata morta nella sua suite all'hotel Exodus durante i lavori di un'importante conferenza di architettura? Sono le domande a cui dovranno rispondere il commissario Scozia e la sua vice Sara Fiorentino per dipanare un'intricata e bizzarra matassa. Una vicenda che si svolge tra i portici di una Bologna autunnale "più ingannatrice di Dorotea, più sfuggente di Zaira, più misteriosa di Tamara".
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Lingua:Italiano
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De "Il segreto di Ascanio," il nuovo romanzo di Alessandro Prandini che ho appena terminato di leggere, mi è rimasto dentro come un’eco, il rumore di una Triumph Bonneville verde in viaggio sulle strade piatte da Rovigo a Bologna. In sella c’è Lorenzo, un ragazzo alle prese con un’esistenza precaria, come tanti oggi. Insegue una vita migliore e un chiarimento: vuole fare luce sul segreto dello zio Ascanio, morto alcuni mesi prima; il segreto è nell’agenda dello zio, una sorta di eredità che gli è capitata addosso inattesa... In questo suo terzo lavoro Prandini alza l’asticella, introduce una complessità nuova, struttura lo sviluppo delle storie (almeno una decina) che procedono in parallelo o quasi per buona parte dell’opera, in modo da richiamare continuamente una vicenda antica, da cui tutto è partito, purtroppo. Scrivo purtroppo perché di fronte al male, che spesso ci vive accanto, siamo disarmati, alla fine non rimane che un avverbio e il silenzio o il pianto. Invece, Prandini parla, ci racconta del male in una Bologna che ho percepito come estranea nella luce obliqua dell’autunno esalata in queste pagine. È Bologna coi suoi portici e i suoi alberi, le sue abitazioni (straordinaria la villa in collina con quella sala riempita da “un divano lunghissimo, a guisa di spina dorsale in diagonale nel mezzo”) e il suo circolo del tennis e il commissariato Due Torri, ma poteva essere Milano o Roma, o la città che preferite. Il male è ovunque e l’umanità in salsa bolognese del commissario Scozia, impegnato a gestire, oltre a un’indagine complicata, il rapporto con un figlio quasi adolescente e una storia d’amore (c’è sempre l’amore, oltre al male, nella vita) con la sua collaboratrice più apprezzata, la sua umanità un po’ goffa ma autentica e palpabile, dicevo, qui emerge solo a tratti; resta un po’ sullo sfondo il commissario in questo gomitolo di storie. Dirige, ha le sue solite grandi intuizioni però non domina la scena. Lascia pure spazio all’irruenza di una vecchia zia capitata all’improvviso, ma soprattutto al rigore dell’ispettrice Sara Fiorentino, professionale e organizzatissima. È lei che fa il lavoro sporco, è lei che si rompe la testa sull’analisi dei tabulati telefonici e delle telecamere che riprendono la hall del grande albergo dove avviene il delitto; è a lei che toccano i primi, scomodi interrogatori informali, districandosi tra vita privata e prospettive incerte di un figlio. In un prossimo lavoro mi piacerebbe poter ritrovare questi personaggi ai quali mi sono particolarmente affezionato: Lorenzo, partito con il passo del protagonista e poi smarrito dallo sviluppo della storia; il suo amico Andrea, il giornalista che conosce la città e le persone, e sa come ottenere quel che cerca (con l’eccezione di un posto di lavoro sicuro). E poi Lucrezia, così fragile da pagare con la vita. Anche lei merita di essere recuperata: raccontaci perché questa donna intrigante è diventata come ce l’hai descritta, cosa ne ha plasmato il carattere e le scelte nei suoi anni accanto al Bramante Cairoli, l’insipido marito, architetto di successo e compagno fallimentare.
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