Come tutti i libri di Isabel Allende non si resta delusi.
Sono gli anni che seguono la morte della figlia Paula. Isabel Allende adotta la forma "diario" per fare la cronaca della famiglia, faticosamente riunita in California dal 1992 al 2006. I ricordi si intrecciano alle riflessioni sulla vita, sulla sua opera e sul mondo contemporaneo. Due leitmotiv danno coesione all'insieme: la relazione amorosa con il secondo marito Willie e l'ansia di costituire e difendere una grande tribù familiare. Con intelligenza e autoironia Isabel ci mostra le difficoltà di tenere insieme un clan variegatissimo e di dominarlo; in una sorta di messa a nudo delle proprie inclinazioni, ci dice che un'innata generosità può facilmente travalicare in esercizio di potere e controllo nelle altrui vite per modificarne il corso. Gli episodi teneri, burleschi si intrecciano a quelli tragicomici o drammatici e la narratrice esibisce una tolleranza imperturbabile per le passioni e un'intolleranza viscerale nei confronti dell'ingiustizia. Non mancano le acute riflessioni sull'incombere della terza età, sulle proprie debolezze, sulla fatica di sbagliare. Si esce dalla lettura con la sensazione di aver attraversato una grande galleria di ritratti familiari, di aver vissuto una cronaca di affetti che ci riguarda da vicino.
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Titolo: La somma dei giorniAutore: Isabel AllendeEditore: FeltrinelliData: 2010Ottime, abrasioni sul dorso
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Anno edizione:2010
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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spooky 04 ottobre 2022
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Sabrina Caterino 02 marzo 2017
Isabel, nel bene e nel male, ci conquista sempre. Anche stavolta, mentre si trascina dietro un dolore lacerante, che affievolisce nel tempo ma che non si placa mai del tutto, quello della perdita dell’amata figlia Paula, lei si lascia andare alla memoria dei tempi trascorsi, quelli felici perché animati dalla tiepida presenza di lei, l’anima quieta della famiglia rispetto alla turbolenta e iperattiva madre, eppure sempre ricchi di frenèsia, di avvenimenti che a volte poco hanno a che vedere col mondo terreno, nei ricordi dell’anziana nonna, che per noi lettori affezionati ha il volto di Clara, la figura eterea del suo primo e celebre romanzo “La casa degli spiriti”, a volte si perdono nei viaggi avventurosi assieme all’amica di sempre Tabra, spalla sicura su cui fare riferimento assieme al fedele marito Willie. Isabel , mai come in questo romanzo, cerca nelle persone accanto a sé quella famiglia che la morte di Paula ha così ferocemente e improvvisamente disgregato, e lo fa nella maniera più congeniale possibile, rivestendo per sé il ruolo di matrona che è materna e indipendente al tempo stesso, riunendo sotto lo stesso tetto figliastri e nipoti che di sangue non hanno una goccia uguale al suo, ma la cui unione ramificata dalle esperienze vissute assieme ha fatto da collante più di qualsiasi appartenenza genetica: è grazie a loro e alla sottile autoironia che da sempre la contraddistingue, che Isabel ripercorre le tappe della sua esistenza, il cui filo conduttore passa inevitabilmente attraverso la storia della sua terra, il Cile, martoriata dalla dittatura di Pinochet, alla quale ella non si sottrae mai facendone la colonna portante dei suoi romanzi, assieme alle eroine battagliere e alle indie dalle virtù medianiche, grazie alle quali anche la repressione non riesce a calpestarne la dignità ed il coraggio, in una profusione di aromi e di colori tipici della tradizione sudamericana. Di quei libri che non hanno la presunzione di sorprendere, ma che ti catturano per la disarmante semplicità di una donna che ama, che soffre, che spera, che ricorda, ma che continua a vivere.
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FLAVIA CONFORTI 03 settembre 2014
E' una bella idea di libro, a metà tra romanzo e biografia. Belli i messaggi che lancia e la metafora complessiva. Non l'ho amato tantissimo perché l'ho trovato molto lento: non pesante, ma lento.
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