Spasmox. Torbido

Una città del sud dell’Italia dopo il duemila. L’atmosfera densa e morbosa delle invenzioni di un Dario Argento unite alle psicosi ansiogene di Jonathan Demme, con un’originalità tutta loro, quella dello stile del suo autore Sebastiano Vilella, che rifinisce qui una delle sue più belle storie sulle debolezze e le piccole aspirazioni che avvolgono e distruggono gli uomini. Tutto sullo sfondo di una storia cruenta dove un assassino imprendibile sfida la fragile ispettrice Italia Grimaldi. Come forse nella vita reale, nell’universo dell’autore non esistono buoni e cattivi e la battaglia tra bene e male si risolve in un semplice istinto formalizzato dalle regole volute dagli uomini. Forse avremmo voluto vedere Vilella anche ai disegni, magari con quei neri densi e pastosi dei suoi “Notturni”, cinici e senza speranza almeno come in questo “Spasmox- Torbido”. Invece qui passa la consegna al disegnatore Alfonso Elia, e quei neri diventano più sporchi e grevi ma non per questo meno coinvolgenti. Un compromesso grafico tra l’Hugo Pratt meno maturo degli esordi, Mike Mignola e i chiaroscuri magnusiani.